108 RINTOCCHI, di Yoshimura Keiko (Piemme – novembre 2023)
Non amo particolarmente la letteratura giapponese se si esclude qualche romanzo di Murakami, per cui è con una certa perplessità che mi sono avvicinata a questo libro di esordio di Yoshimura Keiko, facendomi comunque coinvolgere dalle molte recensioni positive.
E devo dire che non mi sono pentita perché questa semplice e dolce piccola storia si fa leggere con piacere assomigliando molto ad una favola: siamo nel periodo che precede il Capodanno, nella più piccola isola dell’arcipelago di Izu, che rimane spesso isolata quando le condizioni del mare non permettono al traghetto di arrivare e dove si coltivano splendide camelie per estrarne il pregiato olio. Una specie di paradiso dove si vive in una grande solitudine, alleviata dal senso di comunità che accomuna tutti gli abitanti che vivono nell’isola.
E così conosciamo Sohara, un uomo che dopo aver sperimentato la vita fuori dall’isola, vi è poi ritornato per rimanere; si è trovato un mestiere che gli si confà perfettamente, il tuttofare dell’isola, l’uomo che tende a riparare tutto quello che necessita del suo impegno, non solo le riparazioni che gli vengono commissionate da amici e conoscenti ma tutto quello- cose ma anche persone- che ha bisogno, a suo avviso, di interventi di manutenzione e cura. Sohara è nato il giorno di Capodanno, all’ultimo dei 108 rintocchi delle campane che vengono fatte suonare per aprire il nuovo anno, è un uomo felice anche se stavolta ha qualche preoccupazione: non è sicuro che l’amata figlia riesca a rientrare nell’isola a causa delle condizioni del mare ed ha ricevuto una lettera da parte di un amico che da molto tempo si è allontanato da lì, lettera che lo getta in un grande sconforto. Ma l’intera isola gli restituirà il sorriso per compensarlo del bene che l’uomo ha fatto nel tempo prendendosi cura di tutto quello che ne aveva bisogno.
Proprio una storia delicata che mi ha commosso e che mi ha richiamato alla memoria la tecnica utilizzata in Giappone di riparare la ceramica usando la foglia d’oro e d’argento per rendere di nuovo utili e preziose le cose, anche le più semplici e di uso corrente, quando si rompono. Un bel messaggio di speranza e di coraggio, particolarmente importante per un mondo in cui prevale il concetto dell’obsolescenza programmata e l’abitudine più frequente è quella di buttar via le cose (e purtroppo spesso anche le persone) quando si ritiene che non servano più perché vecchie e non perfettamente rispondenti ai nostri desideri.
Recensione di Ale Fortebraccio
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