1948, di Yoram Kaniuk (Giuntina)
É un libro sulla guerra di indipendenza del 1948 che ha portato alla fondazione dello stato di Israele scritto da chi quella guerra l’ha combattuta. È il diario di un giovane di Tel Aviv partito per fare la guerra e contribuire alla nascita del nuovo Stato fondato da BenGurion così da resuscitare la antica terra vendicando i pogrom.
“Bisogna essere proprio dei cretini, anzi di più, per camminare in mezzo ai campi minati e credere che sia per la nazione, che nemmeno la conoscevo di persona, la nazione.”
Sbarbatelli andati a fare la guerra per “suonarle al nemico”, arruolati da ragazzini per essere eroi o per fuggire, mocciosi, giovani e volontari privi di documenti di identità tranne i certificati di nascita palestinesi della terra di Israele; ragazzi sprovveduti finiti in mezzo a un bagno di sangue.
Loro giovani e inesperti, espressione del popolo dei bagagli e delle erranze, arrivano a fondare uno Stato per un popolo che scappò dalla propria terra duemila anni prima.
Il protagonista, io narrante, è un giovane combattente del Palmach, che era la brigata regolare degli Yishuv nella Palestina britannica, ed ha una forte connotazione autobiografica.
Kaniuk ci racconta di morti e battaglie, di memoria di dolore e disperazione dopo la Shoah ma la vendetta per conferire gloria ad un popolo umiliato non si consuma contro coloro che degli stermini erano stati artefici ma contro gli arabi che intristiti e vinti formano una carovana di profughi che, pagina dopo pagina, appare meno fiera e più persa.
Il narratore riferisce, in modo lucido ed obbiettivo, sulla guerra di indipendenza e sulle conquiste dei centri abitati dilungandosi sull’introspezione psicologia dei diversi soggetti indotti a combattere una guerra che ritengono categorica ed inevitabile; ci descrive i conflitti interiori e le dolorose dispute tra coloro che considerano gli arabi terroristi e chi, al contrario, sogna uno stato binazionale e la fratellanza tra i popoli.
È una guerra che si combatte anche contro gli inglesi e dove l’esigenza primaria di possedere la terra si coagula con il dovere di sostenere l’arrivo di navi di profughi, interminabili combattimenti ove giovani contano pallottole struggendosi dalla nostalgia di casa.
Consiglio la lettura di questo romanzo perché molto istruttivo, veritiero e oggettivo; non è solo un romanzo sulla crudeltà della guerra e l’incoscienza della gioventù è soprattutto Storia che non dobbiamo dimenticare cercando sempre la verità.
« Il Palmach era uno strumento geniale e spietato, intelligente coraggioso e incazzato, che stava – senza neanche saperlo- fondando uno Stato per il popolo di Israele « .
Per chi é interessato all’argomento segnalo la casa editrice La Giuntina fonte inesauribile di ottimi libri a salvaguardia di memoria e verità.
Recensione di Marilena Ratto
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