A MANI VUOTE, di Valerio Varesi ( Ffrassinelli)
Ho scoperto Varesi da relativamente poco tempo e devo ammettere di aver trovato un autore non solo di gialli o polizieschi, come dir si voglia, ma di romanzi che parlano di tanto altro. Ma tanto. A parte che Varesi ha scritto anche altri romanzi non gialli, dei quali sinora ho letto solo “La sentenza”, sul tema della resistenza, a mio parere un libro semplicemente straordinario, probabilmente molto sottovalutato dalla critica ufficiale.
Ma veniamo al romanzo in argomento.
“Mani Vuote” è appunto un giallo che racconta di come una tipica città emiliana , Parma per l’esattezza, divenuta famosa nel tempo per la sua qualità della vita, per la sua storia democratica e anche per il relativo benessere, possa lentamente, ma ininterrottamente scivolare verso il degrado materiale e morale allo stesso tempo. Alla vecchia delinquenza nostrana, con ancora un minimo di “codice etico” a cui far riferimento, si sostituisce una criminalità che viene da fuori, di una crudeltà estrema, completamente disinteressata alla città e al suo funzionamento.
Man mano che l’inchiesta del Commissario Soneri prosegue si svela sempre più un mondo marcio, esteso, che coinvolge tutti i potentati della città, mentre al torrente Parma si affianca un’altro torrente, anzi un fiume, dato che non va mai in secca, quello della cocaina, e non solo.
Forse l’episodio più paradigmatico di questa degenerazione è rappresentato nel romanzo dal furto della vecchia fisarmonica di Gondo, il suonatore che staziona davanti al Regio, conosciuto e amato da tutti i parmigiani.
La risoluzione del caso sarà per Soneri una magra soddisfazione, se rapportato a ciò che egli ha potuto intravedere andando a indagare dove nessuno, tra i potenti della città, ha interesse a che si indaghi.
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