A volte, quando parlo davanti a gruppi di persone che sono interessate allo scrivere o alla letteratura, prima che lo scambio di domande e risposte sia terminato, c’ è sempre chi fa questa domanda:
Perché ha scelto di scrivere su argomenti così macabri?
Di solito, rispondo con un’altra domanda:
Pensa forse che io abbia una possibilità di scelta?… penso che ognuno di noi abbia un filtro nel fondo della propria mente… quello che nel mio filtro resta preso può scorrere via attraverso il vostro e viceversa…la sostanza che la rete del mio setaccio trattiene è spesso a base di paura. La mia ossessione è il macabro, un’ ossessione smerciabile… Nessuno dei racconti che seguono io l’ ho scritto per denaro, sebbene alcuni siano stati acquistati da riviste, prima di essere raccolti in volume, e io non abbia mai restituito un assegno senza incassarlo. Sarò ossessionato, forse, ma non ‘matto’. Eppure, ripeto, non li avevo scritti per denaro; li avevo scritti perché avevo sentito l’ esigenza di farlo…non sono un grande artista, ma ho sempre sentito il bisogno di scrivere…”
‘A volte ritornano’ ( ‘ Night shift’) fu la prima antologia di racconti pubblicata da S.King nel 1978 (da noi nel 1981). Sull’ onda del successo finalmente arrivato dopo anni di tentativi e rifiuti collezionati grazie a romanzi come ‘ Carrie’ , ‘ Shining ‘ e ‘ Le notti di Salem’ e ai relativi adattamenti cinematografici.
L’ antologia raccoglie venti racconti di cui solo quattro inediti, gli altri erano stati pubblicati su fanzine (‘Ubris’)e riviste varie (fra cui anche alcune per adulti come ‘Cavalier’ e ‘ Penthouse’)fra il 1968 e il 1975.
Nella prima edizione c’era anche una breve introduzione di John D. MacDonald ,uno degli scrittori preferiti del King lettore ma da noi non famoso quanto meriterebbe(è più conosciuto forse il nome del personaggio Travis McGee protagonista di una ventina di romanzi polizieschi)e forse per questo nella mia edizione economica della collana Superpocket (n.5 marzo 1997 ,6500 lire)era stata eliminata ma non per fortuna la godibile e preziosa prefazione redatta da King stesso da cui ho tratto la citazione. In dieci paginette scarse riusciva a esplicare concetti quintessenziali sull’horror e sulla scrittura molto meglio di altri ‘esperti’ e professori che sugli stessi temi avevano scritto ponderosi( e a volte noiosi) volumi.
Dai racconti sono stati tratti una decina di film e altrettanti cortometraggi di studenti di cinema( che King visto l’ interesse suscitato fra gli aspiranti registi/ sceneggiatori aveva incoraggiato chiedendo solo un simbolico dollaro di diritti d’autore) fra cui il suo primo e ultimo per il momento da regista(‘Brivido’ 1986 dal racconto ‘Camion’).
Sarà che io prediligo la forma racconto ma a me piacciono tutti anche se ovviamente alcuni di più e li ho riletti tutti più volte. In particolare’ Sometimes they come back’ ( ‘ A volte ritornano’ ) che ha pienamente meritato di intitolare la traduzione italiana della raccolta. Il racconto era stato pubblicato da’ Cavalier’ ed appartiene a quella speciale categoria di scritti Kinghiani in cui il protagonista è uno scrittore o un professore che sono quasi sempre molto riusciti e particolarmente toccanti perché l’ autobiografia si innesta all’ invenzione letteraria. È stato girato anche un film televisivo, discreto ma abbastanza annacquato( con due seguiti ancora meno riusciti)perché il racconto a mio avviso è molto più efficace e la prima volta che lo lessi in alcuni punti mi fece davvero paura.
Raccontata molto brevemente la trama è la storia di Jim Norman, professore di lettere di una high school di provincia( originario di Stratford, nel Connecticut) che non ha mai superato del tutto il trauma infantile e il senso di colpa per aver assistito a nove anni all’ uccisione del fratello Wayne di poco maggiore da parte di tre adolescenti teppisti, in seguito periti in un misterioso incidente automobilistico. All’ improvviso il professore dovrà fare i conti con il passato che a volte ritorna nel modo più inaspettato e incredibile, nuovi lutti coinvolgono studenti di un suo corso ma anche persone a lui vicinissime…
” Il liceo Davis era una costruzione imponente che ospitava una scuola molto moderna…un’ ottima scuola in cui insegnare durante i difficili anni settanta. Al confronto la Professionale di Center Street era come il cuore dell’ Africa.
Ma dopo che i ragazzi se n’è erano andati, qualcosa di vecchio e di cupo sembrava calare sui corridoi e bisbigliare nelle aule deserte. Un mostro nero e maligno che non si faceva mai vedere del tutto. A volte quando percorreva il corridoio dell’Ala 4 con la cartella nuova in una mano, diretto al parcheggio, Jim Norman aveva quasi l’ impressione di sentirlo respirare…”
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