Abbiamo intervistato Eleonora Lombardo e approfondito vari temi legati al suo ultimo romanzo “Sea Paradise”

Abbiamo intervistato Eleonora Lombardo e approfondito vari temi legati al suo ultimo romanzo “Sea Paradise”

 

Intervista n. 219

 

Eleonora Lombardo

 

 

Come prima domanda le chiederei di presentarci il suo nuovo romanzo “Sea Paradise”. C’è stato qualche evento o lettura che l’ha ispirata nell’ideazione di quest’opera?

 I personaggi di Elvira ed Amanda mi giravano intorno da tempo, sapevo che con loro avrei voluto scrivere di amicizia, dell’amicizia come zattera di salvezza in un mondo che va in frantumi. Nel 2018 ho visitato una mostra a Londra, Bill Viola e Michelangelo. Osservando una video installazione di Viola nella quale un uomo e una donna anziani esplorano con meraviglia e pudore il loro corpo nudo, mentre di fronte Michelangelo sfidava il passaggio terreno dichiarando di essere diventato uno spirito troppo grande per essere racchiuso in un involucro mortale, ho avuto un fortissimo turbamento e ho deciso che avrei voluto raccontare la storia di una vecchiaia audace. Una sorta di romanzo di formazione dove le protagoniste sono due vecchie che devono imparare a ritornare a essere umane in un mondo che ha dimenticato l’umanità. Poi l’esperienza pandemica mi ha aiutato molto a costruire il contesto sociale nel quale la storia si dipana, una società costretta a scegliere per sopravvivere di sacrificare l’imprevedibile, l’inconsueto, il surplus.

Le letture fondamentali sono state tante, ma questo libro non sarebbe così come è se negli ultimi dieci anni non mi fossi dedicata sistematicamente a scoprire come raccontano le donne, non solo nella narrativa, ma anche nella filosofia e nelle scienze. Insomma, se non avessi approfondito “la versione delle donne”.

 

 

A una lettura superficiale pare di trovarsi di fronte a un romanzo distopico eppure ci si rende conto di quanta attinenza con la realtà ci sia e di come non siamo poi così lontani dallo scenario da lei descritto, condivide?

Sì, questo romanzo scaturisce dall’osservazione del presente. È distopico il futuro verso il quale stiamo placidamente scivolando.

 

 

Una domanda probabilmente banale: perché le persone anziane vengono viste come un peso e un blocco nei confronti del progresso piuttosto che preziosi custodi della nostra memoria? Sembra quasi che la tendenza del mondo sia di avanzare nella produttività lasciando da parte la memoria storica e i fatti/errori del passato ad essa collegati.

Credo ci sia un’ipocrisia culturale che non si pone neanche il problema di che cosa voglia dire invecchiare, diventare anziani con pienezza e con immenso valore. Per la nostra cultura la buona vecchiaia scimmiotta la giovinezza, il complimento più ambito è: come sembri giovane. La vecchiaia è il trionfo della vita sulla morte. Questo riguarda il valore degli individui. Dal punto di vista sociale, ed è una conseguenza dell’ipocrisia di cui sopra, uomini e donne molto anziani stanno abbarbicati al potere e non lo mollano facendo di questo mondo un mondo vecchio, stanco, incapace totalmente di affrontare con agilità le sfide del futuro.

Abbiamo bisogno di un patto generazionale che aiuti a costruire uno sguardo ardito e creativo sul futuro, utilizzando la memoria di chi ha esperienza e l’immaginazione di chi sogna, bisogna ancorare saldamente le radici per potere fare germogliare foglie nuove e fresche.

 

 

Una cosa che ho apprezzato molto nella sua narrazione è la tensione che si percepisce pagina dopo pagina nell’apparente semplicità degli eventi che si succedono, senza il classico “fulmine a ciel sereno” che spesso viene buttato lì quasi a caso. Come si riesce a trasmettere questa sensazione senza cadere nella trappola del “colpo di scena”?

 Credo che sia stato molto importante in questo romanzo accettare la sfida della prima persona narrante. Nella sua prima stesura il romanzo era scritto con una terza onnisciente; non funzionava. La prima persona mi ha consentito di girare per la nave insieme a Elvira e di lasciarmi, io per prima, sorprendere dagli avvenimenti. Non sapevo cosa sarebbe accaduto tra uno sky e l’altro fino a quando non lo vedevo con gli occhi di Elvira.

 

Lei riesce, senza dilungarsi in descrizioni prolisse o passaggi a vuoto, non solo a caratterizzare perfettamente le due protagoniste principali ma anche a far sì che il lettore si trovi a empatizzare con loro e con la loro sorte. Quali sono secondo lei gli elementi che spingono il lettore a immedesimarsi con Amanda ed Elvira?

Il fatto che Elvira e Amanda siano così diverse tra loro, ma affini per elezione. Sono opposti che però stanno bene insieme e questo dà un’idea di completezza. Spero che ogni lettore e lettrice trovi nell’una e nell’altra degli aspetti che lo/la riguardano da vicino.

 

Elvira ritrova la spinta vitale laddove i suoi compagni di viaggio accettano passivamente la propria sorte. Possiamo vederci una sorta di romanzo di formazione?

 Lo dicevo prima, ha colto nel segno. È un romanzo di formazione. Però credo che nessuno dei protagonisti accetti passivamente, credo che alla fine trionfi il vecchio e caro libero arbitrio.

 

 

Viene un po’ da pensare a David Foster Wallace e al suo “Una cosa divertente che non farò mai più”: possiamo vivere l’esperienza più inebriante del mondo ma le sensazioni dipendono comunque dal nostro stato d’animo, non trova?

 Sono d’accordo. Come i libri, quello che ci regalano dipende molto dallo stato d’animo con cui li attraversiamo. Devo all’immenso Wallace la fobia per le crociere.

 

Che confronto si sentirebbe di fare- ammesso che sia possibile- tra Elvira e Lucia, protagonista del suo precedente romanzo “La disobbedienza sentimentale”?

 Grazie per avere ricordato Lucia. Credo che entrambe siano vittime della loro “obbedienza”. Lucia ambisce alla disobbedienza, ma non riesce. Elvira è un’ubbidiente che riesce a disobbedire.

 

 

 

Un’ultima domanda, ringraziandola per la sua disponibilità: la comunicazione, la condivisione e il confronto/scontro ormai passano sempre più spesso dai Social, qual è il suo rapporto con questa realtà?

I social li frequento con divertimento. Non sono una nativa digitale, manterrò sempre un goffo sospetto. Le esperienze più importanti di socializzazione le ho fatte quando non esistevano. Cerco di usarli con leggerezza, al massimo per condividere informazioni pratiche, raramente per ingaggiare contese e scontri di opinione. A volte ci casco, ma ne pento subito. Il più delle volte li utilizzo per fare ridere le mie amiche con video buffi, altre per incuriosire con numeri misteriosi, con un conto alla rovescia che non ha soluzioni.

 

Intervista di Enrico Spinelli

 

SEA PARADISE, di Eleonora  Lombardo

SEA PARADISE Eleonora Lombardo

 

 

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