
Abbiamo intervistato Francesco Abate che ci ha illustrato alcuni aspetti legati al suo personaggio Clara Simon e alla propria carriera professionale e letteraria.
Intervista n. 257

Prima di tutto grazie per avere accettato questa intervista. Comincerei parlando del suo personaggio Clara Simon che ha esordito 5 anni fa con “I delitti della salina”. Come ce la presenterebbe?
Una fantastica gran rompiscatole, come devono essere i giornalisti investigativi. Ha la forza della gioventù, l’entusiasmo e se vogliamo anche una certezza ingenuità. È un’appasionata e un’indomita che presto fa i conti con le amarezze della vita. Mi sarebbe piaciuto averla come collega, amica, sorella, fidanzata non credo mi avrebbe dato parecchio filo da torcere e forse saremo entrati in rivalità. Per molti anni ho fatto il cronista di cronaca nera e ho presente quali meccanismi si possono scatenare cercando di far convivere un lavoro così totalizzante e performativo con una sana relazione di coppia. Anche mia moglie è giornalista ma avendo battuto ambiti diversi ce la siamo cavanti, alla grande, e supportati.
Come è evoluto il suo personaggio nei romanzi che l’hanno vista protagonista?
Clara Simon cresce di titolo in titolo. Non nasce investigatrice, lo diventa. Non ha all’inizio gli strumenti del mestiere, li acquisisce velocemente. All’inizio è aspra nel farsi largo a spallate in un mondo maschile (ma anche femminile) che la respinge. Poi le insegnano che l’arma migliore in questi casi è l’ironia e il sarcasmo che usa come armi taglienti. All’inizio sembra ben poco interessata a rapporti affettivi profondi poi invece…
Quali sono le fonti di ispirazione o esperienze vissute che l’hanno ispirata nella creazione di un personaggio così peculiare?
La lettura delle cronache di inizio Novecento raccolte negli annali del giornale per il quale lavoro da tanti anni, L’Unione Sarda. Altri documenti d’epoca, fotografie, rari filmati, moltissimi racconti di famiglia che ho ereditato dai miei nonni e dai mie prozii. E ovviamente il mio lavoro da cronista con le mani in pasta fra i più efferati fatti di cronaca nera degli ultimi 35 anni in Sardegna.
Clara Simon sogna di essere una giornalista investigativa in un mondo a trazione maschilista nei primi del 900, ma la cosa strana è che per molti versi non sembrano esserci stati molti progressi sociali ai giorni nostri, non trova?
Trovo che dai tempi di Clara, primi del Novecento, a oggi in tutte le professioni le donne hanno fatto numerose e doverose conquiste. Ma già la parola “conquista” svela che si è trattato e si tratta ancora oggi di un cammino arduo. In ambito giornalistico vedo intorno a me una scena felice. Nel giornale per il quale lavoro diversi ruoli apicali sono affidati ad alcune colleghe. Impensabili ai tempi di Clara.
Quale può essere il contributo della narrativa nell’aiutare a combattere certi stereotipi di vecchia memoria?
Di testimonianza, innanzitutto. Spero anche di stimolo.
Lei ha collaborato in alcuni romanzi con Massimo Carlotto e con Valerio Mastandrea, come si sono concretizzata queste collaborazioni? E cosa le ha lasciato questo tipo di esperienza in termini umani e professionali?
Ci siamo divertiti e contaminati, come in tutti i giochi di squadra.
Guardando alle opere che ha scritto ce ne è una che a suo parere meriterebbe di essere riscoperta o che in qualche modo può rappresentare un “biglietto da visita” del suo stile letterario?
Ah! Non saprei proprio. Forse “Chiedo scusa” e tutta la trilogia legata alla malattia, “Mia madre e altre catastrofi” e “Torpedone trapiantati”. Quindi la commedia amara capace (spero) di farti ridere mentre si attraversa il dramma.
Lei ha anche un’attività di conduttore radio, in che modo pensa l’abbia influenzata nella sua proposta narrativa?
La mia storia di narratore ma anche di dj inizia con la radio, avevo 14 anni ed era il 1978. Da allora non ho mai smesso. Vale su tutto la mia forte esigenza di una condivisione di sentimenti, sensazioni. Che siano storie o musica. Il mezzo può essere il libro, il palco di un teatro, la consolle di un club, il microfono di una radio.
Oggi la comunicazione e la condivisione passano spesso e volentieri attraverso i Social, qual è il suo rapporto con questa realtà?
Mi divertivano, oggi sempre meno. Mi appassionavo ora ancora meno. Potevano essere una rivoluzione, sono lo specchio di una società devastata, divisa e arrabbiata. Ci sono ancora isole felici, sempre meno. Però per il mio mestiere di giornalista i social sono imprescindibili diversamente ne farei un uso molto sporadico e ancor più selettivo.
Come ultima domanda le chiedo se ci sarà una nuova opera con protagonista Clara Simon.
Lo spero. Ma non faccio mai annunci mi portano poca fortuna.
Intervista di Enrico Spinelli
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