Abbiamo intervistato François Morlupi, ideatore della squadra dei Cinque di Monteverde
Il nostro ospite di oggi è uno scrittore di gialli nato a Roma, con origini anche francesi, che io personalmente seguo dagli esordi con immenso piacere.
Francois mi ha colpito da subito, dalla prima indagine, perché nonostante le sue vicende sguazzino nelle zone più buie della malavita, nella malvagità e nella violenza, c’è sempre uno spiraglio di luce, c’è comicità, nonostante tutto, c’è ironia, ci sono i sentimenti veri, quelli che permettono di superare le atrocità delle storie che racconta.
Francois è al suo quarto romanzo, e con gli ultimi due Come delfini tra pescecani e Nel nero degli abissi, editi da Salani Editore, ha vinto per due volte consecutive il Premio Scerbanenco dei lettori.
Conosciamolo meglio…
Come è nata l’idea di questa squadra di poliziotti un po’ sgangherata? Se mi permetti di usare questo aggettivo, nel senso più buono del termine. Intendo…non sono i classici supere roi stile americano, tutto muscoli, adrenalina, velocità, lotta etc…sono persone come noi e soprattutto guidate dall’esatto opposto di quello che si può considerare un capo senza paura e senza scrupoli, il mio amato Commissario Ansaldi?
Nasce dalla volontà di raccontare, innanzitutto, degli esseri umani, con tutto ciò che ne consegue, come protagonisti. Che poi siano anche poliziotti, mi verrebbe da dire quasi paradossalmente, è secondario. Io volevo davvero rappresentare l’elogio della fragilità, per questo motivo ho deciso di creare 5/6 (dipende dal libro) protagonisti comuni, ordinari, con tante qualità ma tantissimi difetti. Non sono né bianchi né neri, ma grigi, hanno le loro zone di luce e di ombre. Poi è evidente che ho pensato anche a un gruppo che fosse ben amalgamato in cui ogni lettore potesse immedesimarsi. Per questo abbiamo personaggi più introspettivi, alcuni più ironici, insomma penso ci sia un bel mosaico di umanità. Tutti hanno alle spalle problemi per renderli reali, vivi e pertanto umani. Io sono cresciuto con la letteratura francese dell’ottocento, una delle prime, finalmente, a focalizzarsi su protagonisti popolari e non soltanto su principi e principesse che avevano poco da spartire con il sottoscritto. Mi ha assolutamente plasmato come cittadino e poi come scrittore. Da lì nasce la mia volontà di fare in modo che il lettore si ritrovi nelle pagine dei miei libri. Tutti noi infatti siamo un po’ Ansaldi, ovvero soffriamo d’ansia, di ipocondria o di attacchi di panico. Ne ho la conferma ogni volta che incontro i miei lettori che me lo ripetono senza sosta. C’è chi riesce a nascondere quest’ansia sotto un tappeto e chi no. Siamo tutti fragili e cadiamo tutti, nessuno escluso. L’importante è però rialzarsi dopo ogni caduta, come tentano di fare i miei poliziotti di Monteverde.
Le ispirazioni per le indagini raccontate sono frutto di studio, di ricerca, oppure si tratta di casualità, un’idea, un’associazione di idee, un servizio alla tv, che poi fanno partire la tua fantasia e quindi la trama?
Come tutte le storie, si parte sempre da un fatto di cronaca nera o di scene di vita quotidiane. Per esempio per Nel Nero degli abissi mi aveva colpito questo giro di prostituzione maschile minorile che era stato sgominato appunto nel mio quartiere. Da lì sono partito e ricordo perfettamente, a seguito del successo di Come delfini tra pescecani in cui sono passato da 800 “amici” su Facebook a 5mila, di aver scritto il seguente post: “ho bisogno di uno psichiatra, non per me, ma per un’idea che mi balena in testa” Fui contattato da diversi psichiatri (almeno spero che lo fossero e che non fossero pazienti!) e con una persona in particolare, il direttore del CSM di Vicenza, ho scambiato un paio di telefonate per avere conferme sul nocciolo centrale del mio romanzo. Furono telefonate molto interessanti soprattutto per il sottoscritto che non sapeva nulla al riguardo.
Quanto c’è di Francois in ogni singolo personaggio? Non ti chiedo qual è il tuo preferito, perché sarebbe come chiedere ad una mamma a quale figlio vuole più bene…ognuno a modo suo è unico. Ma i tuoi personaggi sono così “vivi” e “reali” che non possono essere solo di fantasia.
C’è tanto, quasi tutto. Ad Ansaldi ho dato tutta la mia fragilità e debolezza ma anche il senso del dovere a lavoro e la mia passione per l’arte. A Di Chiara la mia passione per il cinema coreano, per la pizza, per la Roma e il mio essere eterno “bambacione”. A Leoncini la mia passione per la storia, mentre ad Eugénie il mio background italofrancese….a Caldara la mia pazienza e ad Alerami… nulla! Infatti è l’unico personaggio totalmente inventato.
Leggendo i tuoi gialli non si può non sentire il tuo legame con Roma, la tua città, e il rapporto di amore e odio che vivi attraverso i tuoi personaggi. Roma è a tutti gli effetti una delle protagoniste dei tuoi libri. Quanto è importante il legame con le proprie radici? Che poi tu non ne hai solo italiane ma anche francesi…
Roma è la sesta protagonista dei miei romanzi, una protagonista reale e viva che agisce e interagisce con gli altri. Impossibile risolvere i casi che i 5 devono affrontare in ogni indagine senza conoscere e capire l’essenza della città. Adoro il romanzo poliziesco poiché è nella sua natura un rapporto profondo con il viaggio, in tutte le sue forme. Il viaggio storico, il viaggio della dimensione psicoanalitica e soprattutto il viaggio geografico, quasi etnologico che permette al lettore di andare in paesi lontani e dalle culture poco familiari (esempio Manook, Qiu Xialong, Indridason…) o di conoscere regioni italiane, assaporandone usi, costumi, cibo, proverbi come appunto io descrivo Roma fuori da ogni cliché e stereotipo. Grazie a Eugénie riesco a mettere anche le mie origini francesi e la mia visione della società italiano…da parte di un francese che può rimanere allibito su alcune cose e invece affascinato su altre.
Qual è secondo te o secondo i riscontri dei tuoi lettori, il punto di forza della squadra di Monteverde e di conseguenza dei tuoi libri?
Non esiste una chiave unica per il successo. Ogni scrittore scrive alla propria maniera. Alcuni scrittori di polizieschi preferiscono il linguaggio duro, crudo e di strada. A me piace invece di tanto in tanto trascendere il genere e magari citare l’arte, la storia, la musica e tutto ciò che ne consegue perché appunto, descrivo degli esseri umani a 360 gradi, sfera privata inclusa. Penso che sia questo la grande forza dei miei romanzi; l’umanità dei 5 in cui i lettori si immedesimano ogni volta. Non c’è una presentazione senza che un lettore mi confida che si specchia tantissimo in qualcuno di loro.
I tuoi romanzi traboccano anche di citazioni letterarie e riferimenti a opere d’arte, la splendida mania di Ansaldi. Io grazie a te ho scoperto dipinti meravigliosi di Hopper piuttosto che di Chagall poeti e scrittori francesi che non conoscevo. Quanto è importante l’arte, la Bellezza con la B maiuscola, nei tuoi libri? Sembra tu non riesca a fare a meno di questi spiragli di luce…
L’Arte è una delle poche ancora di salvezza che i miei protagonisti posseggono per non inabissarsi nel nero delle tenebre. Il contatto con Roma li fa morire e rinascere ogni giorno. Senza l’arte, Ansaldi sarebbe perso. Grazie a quest’ultima possiede degli attimi di felicità in indagini dure e a volte disumane.
Nella squadra un ruolo importante lo hanno due donne agli opposti: Eugenie, la cyborg con la coda che sai quanto io adori, e Alerami l’ultima arrivata, con tanta voglia di fare carriera. Due donne con un vissuto molto diverso, una poi decisamente difficile. E’ stato difficile raccontare “l’universo femminile”, ti sei ispirato a qualche autore di riferimento?
Sì a tutti gli scrittori che ho adorato: Balzac, Maupassant, Hugo fino ad arrivare a quelli moderni. Prima di essere uno scrittore sono innanzitutto, un lettore. Eugénie e Alerami sono quasi agli opposti e descriverle è sempre una gran bella sfida per il sottoscritto. Spero di essere riuscito nell’intento di descrivere una parvenza di realtà anche del genere femminile.
Hai già un’altra indagine nel cassetto? Rivedremo presto i nostri supereroi preferiti?
Il seguito di Formule Mortali, uscito nel 2020 totalmente riscritto che uscirà ad Aprile. Poi sicuramente uscirà nel 2025 la quinta indagine per i 5 di Monteverde…Infine non è un segreto che ci sia la volontà da parte mia di scrivere un progetto nuovo, con nuovi protagonisti. Vedremo, chi vivrà vedrà.
Intervista di Cristina Costa
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