Abbiamo intervistato Giovanni Agnoloni e approfondito vari temi partendo dal suo ultimo lavoro “Le rivelazioni del viaggio”

 

Intervista n. 250

 

Giovanni Agnoloni (foto di Károly Méhes)

 

 

1 Come prima domanda le chiederei di presentarci il suo nuovo libro Le rivelazioni del viaggio.

Le rivelazioni del viaggio. Piccoli attimi di perfetta chiarezza lungo il cammino (uscito a febbraio nell’ottima collana “Piccola filosofia di viaggio” di Ediciclo Editore) è una sorta di diario intimo “filosofico” sul significato dei tanti momenti di epifania (o anche “illuminazione”), che ho vissuto nel corso dei miei viaggi in giro per l’Italia, il resto d’Europa e gli Stati Uniti. Attimi in cui il grigiore della ripetitività delle cose quotidiane si è diradato per lasciar emergere una “chiara visione”, un significato nitido appartenente a una dimensione tanto reale e concreta quanto metafisica. Possono provenire da un paesaggio naturale o urbano, dall’incontro con una persona, con un animale, con una lingua o una musica. E possono provenire da un viaggio nel vicino come nel lontano. Ma in ogni caso hanno molto a che fare sia con la struttura profonda dell’universo, sia con la ricerca e l’individuazione del senso della mia esistenza, e credo di quella di ognuno.

 

 

2 Nel libro ci sono, a mio avviso, più protagonisti, in primis la parola tedesca Wanderlust, difficilmente traducibile in italiano ma che è strettamente associata al viaggiare. Come si può rappresentare concretamente questo concetto?

Si tratta appunto del “desiderio (inestinguibile) di girovagare”. Una brama perenne, che in alcuni casi arriva all’estremo di voler ripartire non appena tornati da un viaggio. È un concetto che ha in sé uno slancio passionale squisitamente romantico (per intenderci, da “Grand Tour”), ma che, nei deliri di certi tour organizzati o di determinate pagine social che esaltano rocamboleschi viaggi in solitaria o ti propongono eventi in loco un attimo dopo il tuo arrivo in una città straniera, tende a diventare ossessivo. Col tempo, ho capito che l’anima “giusta” ed equilibrata di questa propensione non sta nel tendere costantemente a spostarsi dal qui dove siamo a un nuovo pur che sia, ma nel cogliere quale “lì”, di volta in volta, ci attira con la risonanza profonda di una chiamata vocazionale. Solo così il viaggio diventa un’esperienza autenticamente contemplativa e trasformativa. E solo così possiamo essere aiutati a conoscere (e a realizzare) noi stessi dalle epifanie che incontriamo lungo il cammino, sia esso nella natura o in spazi urbani.

3 Mi è piaciuta molto la parte del suo lavoro dove parla dei “non luoghi”, quelli intermedi tra un luogo e l’altrove. Si è tentati di considerarli delle tappe da superare, ma quale può essere il loro valore nel complesso del viaggio?

Ambienti come aeroporti, stazioni, aree di servizio e simili sono considerati “non luoghi” perché anonimi e pressoché uguali praticamente ovunque. Ma secondo me sono molto importanti, perché la mescolanza di lingue, la presenza di tratti sparsi – sotto forma di prodotti di varia origine nei negozi, di giornali di diversi paesi e così via – agevola uno stato “preparatorio” rispetto al viaggio che si sta per intraprendere (o, potremmo dire, di rielaborazione di quanto si è appena vissuto, prima di un ritorno). Un caso molto interessante, poi, sono gli alberghi, che a volte sono più “personali”, altre più neutri o omologati, ma comunque si ripresentano al termine di ogni giornata di viaggio, e perciò permettono una sorta di “digestione” puntuale dei contenuti epifanici dell’esperienza di esplorazione di quel luogo.

 

 

4 C’è un’altra parola tedesca a cui sono molto legato, anch’essa non traducibile e che arriva direttamente dal romanticismo: la “Sehnsucht”, l’idealizzazione di qualcosa a cui si aspira senza tuttavia poterla raggiungere. Le è mai capitato nei suoi viaggi di percepire questa sensazione?

Onestamente no, o almeno non nella fase matura del mio viaggiare. La Sensucht è un altro anelito romantico, sì, in un certo senso collimante con quello del “vagare”, perché uno vaga appunto in cerca di qualcosa che non trova. Però a mio avviso è così finché l’esperienza di Wanderlust è, appunto, immatura, e si traduce in un improduttivo affannarsi in giro. Quando invece si comincia a vivere ogni momento del cammino con piena consapevolezza e a sentirlo come un importante passo di avvicinamento alla realizzazione della propria vocazione esistenziale, le epifanie arrivano a conferma del nostro essere ogni istante qui e ora, e dunque trasmettono una successione di progressive dosi di appagamento, che contengono in sé anche una promessa della meta, ma prima di tutto rendono bello ogni metro percorso in quella direzione.

5 Al viaggiare è associata la sua vocazione alla scrittura, per cui le chiedo quanto è difficile trasferire sulla carta le suggestioni che ogni esperienza porta con sé e riuscire a trasmetterle concretamente a chi legge.

Non è facile, né in sede di riflessione saggistico-diaristica, come in Rivelazioni, né quando si scrivono romanzi o racconti ispirati da esperienze vissute. Personalmente, scrivo solo quando solo (ri)provo con nitidezza una certa sensazione, anche veicolata dalla memoria. Prima di allora, prendo solo appunti, che vengono pian piano a formare un disegno unitario e coerente nella mia mente. Quando raggiungono una certa “massa critica” e non posso più trattenermi, mi metto a scrivere il testo, che si stende quasi da sé, rivelandomisi anch’esso nella sua forma definitiva (editing a parte) via via che lo elaboro.

6 Le va di farmi una panoramica delle altre sue opere principali? Quali sono i temi, a parte il viaggiare, a lei più cari?

Il viaggio c’entra un po’ in tutti i miei libri, che sono ambientati in tanti luoghi d’Italia e d’Europa (in primis, la Toscana, l’Irlanda, la Polonia, la Svezia e gli Stati Uniti, e non solo). Ma è soprattutto un grimaldello capace di aprire “scatole” contenenti tematiche di forte rilevanza umanistica, sociale e politica. La tetralogia della fine di Internet, Internet. Cronache della fine (Galaad, 2021), raccoglie in un unico volume tre romanzi e uno spin-off (formato da due racconti) precedentemente usciti, e narra una molteplicità di storie interrelate su un collasso sempre più esteso della Rete a livello mondiale, cui seguono tentativi di presa del potere da parte di magnati senza scrupoli e di ambigui movimenti di “ribelli”; ma è soprattutto una sorta di studio psicologico e sociologico sulla dipendenza dalla tecnologia da cui il mondo di oggi è afflitto. Viale dei silenzi (Arkadia, 2019) è un  romanzo intimo e d’investigazione sulla ricerca di un padre scomparso da parte di uno scrittore fiorentino ospite di una residenza letteraria a Varsavia: da lì, lo vediamo partire per un’indagine che lo condurrà a Berlino e quindi in Irlanda, e durante la quale scoprirà molti segreti della sua famiglia. Berretti Erasmus. Peregrinazioni di un ex-studente nel Nord Europa (Fusta, 2020) è una sorta di anticipazione narrativa delle riflessioni più filosofiche contenute in Rivelazioni: racconta infatti le mie esperienze di viaggio nordeuropee a partire dall’Erasmus inglese del 2000, e come mi hanno trasformato, da studente in gamba ma alquanto ribelle a certe affettazioni accademiche – come del resto anche agli anticonformismi omologa(n)ti di molti colleghi –, in uno scrittore capace di osservare criticamente la realtà del suo tempo pur mantenendo lo sguardo concentrato sull’interiorità dell’uomo e le sue risonanze metafisiche. E, sempre come Rivelazioni, delinea il formarsi della mia altra profonda vocazione: quella di traduttore letterario.

In questo senso vanno anche i racconti contenuti nella raccolta ragionata (una sorta di concept-book) Da luoghi lontani (Arkadia, 2022), che ho scritto a sei mani con Carlo Cuppini e Sandra Salvato, e che si addentra in altri due concetti centrali in Rivelazioni: lo spaziotempo e la distanza che separa il qui dal , con le loro innumerevoli risonanze.

 

Viale dei Silenzi Giovanni Agnoloni

 

 

7 Lei è anche traduttore; mi sono sempre chiesto quali siano le sfide che ci si pone nell’approcciarsi a un testo da tradurre e quali siano gli obiettivi principali in questa operazione.

Le sfide consistono soprattutto nel rendere l’anima di un testo. La letteralità o la non-letterarietà della resa italiana sono solo “falsi problemi”. In qualunque modo si operi, conta attingere il succo denso dello spirito dell’autore in quell’opera, e lasciarlo vibrare nella nostra lingua con una profondità paragonabile a quella con cui risuonava nella versione originale. È un’operazione – come giustamente sottolineato dal collega e amico Leonardo Masi in un suo articolo – affatto simile a quella che un trascrittore musicale fa di una partitura scritta per un uno strumento, adattandola a un altro ben diverso. E tutto questo rappresenta di per sé un viaggio, ovvero una successione di epifanie. Non a caso, una parte significativa di Rivelazioni è dedicata proprio alle epifanie linguistiche, che nascono dal contatto con – e dall’immersione in – un alone linguistico diverso dal proprio (che si conosca o meno quella lingua).

8 Viviamo in un’epoca in cui la condivisione e la comunicazione passano spesso attraverso i Social. Qual è il suo rapporto con questa realtà?

Li uso perché mi servono nel mio lavoro, e in questo sono utili. Ma, come accennavo sopra, hanno finito per obnubilare troppi di noi, esacerbando contrasti e azzerando la capacità di attenzione e di lettura critica della realtà. Per questo già in Internet. Cronache della fine li stigmatizzavo. Serve una presa di distanze almeno parziale: insomma, un ritorno alla Natura e a una modalità esistenziale più “analogica”, che poi è quella che veicola le più autentiche ed efficaci epifanie.

9 Come ultima domanda le chiedo una curiosità sempre legata al mondo del viaggio: che rapporto ha con i libri fotografici? Sono più un supporto al viaggiatore o un limite alla meraviglia? Grazie mille per la disponibilità.

Onestamente non ne ho letti molti, e penso che possano servire solo come scintilla d’interesse iniziale. Poi rischiano di condizionare e di ostacolare la diretta fruizione del luogo, con le sue epifanie, che sono per loro natura personali. Per questo preferisco scattare io stesso delle foto (alcune delle quali poi pubblico sui social media) mentre seguo le mie risonanze con gli ambienti. Confido che possano almeno in parte rendere le rivelazioni che i luoghi mi hanno regalato. O che, se non altro, mi aiutino – anche se di solito non è necessario – a rinverdire la memoria di certi momenti, onde poterne poi scrivere efficacemente (per far venire anche ad altri la voglia di visitare quei posti, trovandovi epifanie utili al loro percorso).

Grazie a voi per le bellissime domande!

 

Intervista di Enrico Spinelli

 

LE RIVELAZIONI DEL VIAGGIO Piccoli attimi di perfetta chiarezza lungo il cammino Giovanni Agnoloni

LE RIVELAZIONI DEL VIAGGIO Piccoli attimi di perfetta chiarezza lungo il cammino Giovanni Agnoloni

 

IL VIALE DEI SILENZI Giovanni Agnoloni

VIALE DEI SILENZI Giovanni Agnoloni

 

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