Abbiamo intervistato lo scrittore Christian Frascella

Abbiamo intervistato Christian Frascella, scrittore nato a Torino, autore di molti libri di successo tra i quali “Mia sorella è una foca monaca”, “Il panico quotidiano”, e la splendida serie dedicata all’investigatore privato Contrera, le cui vicende si svolgono proprio nel capoluogo piemontese, nel quartiere multietnico di Barriera di Torino.

• Christian, proviamo a conoscerla meglio. Ci parli della sua infanzia e della sua adolescenza. Cosa la incuriosiva e appassionava da bambino? Da chi o cosa, invece, prendeva le distanze per troppa soggezione o paura?
Provengo da una famiglia che rasentava la povertà, ricordo un’infanzia fatta di privazioni e molti imbarazzi. Ero un bambino solitario e vivevo allo stato brado esattamente come i miei quattro fratelli, per il motivo che i miei genitori lavoravano e durante il giorno eravamo affidati a noi stessi e a quello che doveva essere, e spesso non era, una sorta di autocontrollo. Da adolescente le cose non sono cambiate, ho solamente mutato quella che sarebbe senz’altro stata una parabola pericolosa grazie all’incontro coi libri e la lettura. Di fatti, essi sono stati la mia prima reale curiosità e la prima passione (a parte le ragazze, che ammiravo come fossero esseri alati di passaggio sulla terra). Ciò che non mi piaceva, e non mi piace tuttora, erano e sono le imposizioni di ogni forma e genere, quelle che tendono a modificare sottotraccia o platealmente pensieri, convinzioni e azioni. Ogni volta che subisco o assisto a una coercizione, specie ad opera di un potere forte, ho la tendenza a ribellarmi. Così facendo, incorro in problemi di ogni tipo – solo perché voglio per me e per gli altri la possibilità di scegliere chi e cosa essere.
Christian Frascella
• Il suo romanzo d’esordio è “Mia sorella è una foca monaca“, libro di formazione che è diventato, per molti suoi lettori, un piccolo cult. Venne pubblicato nel 2009 e lei aveva, all’epoca, trentasei anni. Quale percorso di vita l’ha condotta a quella svolta professionale?
Dopo l’incontro con la lettura, ho cominciato a scrivere le prima cose, tutte trascurabili. Poi, mentre lavoravo in fabbrica, cominciai a lavorare a quel primo romanzo, con divertimento e nessun reale proposito di vederlo non solo pubblicato, ma anche finito. Più volte fui sul punto di cancellare il file e abbandonare qualsiasi velleità. Poi però, nel rileggerlo, la storia continuava a piacermi, e soprattutto a rispecchiare se non proprio il mio carattere – io non sono il protagonista di nessun mio romanzo, ne sono solo l’autore – sicuramente nell’ambientazione e nella febbre di vita del protagonista senza nome. A romanzo non ancora terminato, nel 2008 ho comunque sfruttato internet, inviandolo un po’ a tutti. Grazie ai buoni uffici di uno scrittore da me molto amato e che adesso probabilmente è pentito di avermi dato una mano perché dopo un po’ smise di considerarmi (ero in fondo un plebeo della letteratura), trovai alla fine un editore. Il libro venne pubblicato e ottenne ottime recensioni e vendette moltissimo.
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• Ne “Il panico quotidiano”, romanzo in parte autobiografico, il protagonista Chri è un operaio risucchiato nella catena di montaggio di una grande industria. Durante un turno di lavoro, all’improvviso, viene colto da una crisi di panico. Sarà il primo di una lunga serie e la vita di Chri ne verrà completamente condizionata. Come è nata, per lei, l’esigenza di mettersi a nudo e raccontarsi attraverso una sua opera?
Ero arrivato al punto che l’ansia mi stava mangiando la vita. Decisi di tentare di arginarla sulla pagina scritta. Raccontai quindi la mia storia nel panico, dagli albori durante un turno in fabbrica fino all’accettazione del mio male. Di quel libro è importato solo a me e a chi ci ha lavorato in casa editrice. Ma va bene, e lo avevo già messo in preventivo mentre ancora lavoravo alla prima stesura. Ci sono libri che scrivi per guardarti allo specchio e scoprire come sei fatto. Funziona così.
• Nel 2018 fa il suo debutto sulla scena letteraria del crimine l’investigatore privato Contrera. Per me, lo confesso spudoratamente, è stato amore a prima vista. Negli ultimi anni, in Italia, c’è stata un’intensa proliferazione di libri gialli, polizieschi, noir, thriller. Quando e come si è sviluppato, nella sua testa, il personaggio di Contrera, ex poliziotto corrotto, alle prese con una vita privata e professionale disordinatissima e, come dichiara Contrera stesso, “compagno del cavolo, padre di merda, fratello approfittatore, cognato insopportabile, figlio degenere, ma investigatore coi controcazzi”?
Avevo sempre letto polizieschi, soprattutto da ragazzo. E Il Lungo addio di Chandler, con l’investigatore privato Philip Marlowe come protagonista, resta uno dei miei libri preferiti in assoluto. Così un giorno stavo camminando in Barriera, e ho visto un uomo seduto in una lavanderia a gettoni. Pensai: “E se non fosse lì per aspettare il bucato? Se stesse attendendo qualcuno? Ma chi? Un cliente? Che tipo di cliente, e perché lo riceve proprio lì?” Poi ho pensato che sarebbe stato interessante che fosse un detective privato senza ufficio, una persona funestata dalle circostanze della vita, e che avesse commesso più di uno sbaglio. La sua unica espiazione, mi dissi, è che cerchi la verità. E che la porti alla luce, qualunque sia il prezzo da pagare. Contrera è nato così. E lo scenario non poteva che essere il quartiere di Barriera.
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• La serialità narrativa oggi, soprattutto nel genere giallo, è un espediente sempre più diffuso, probabilmente anche per scelte editoriali. Non si corre il rischio di restare troppo legati ad un solo personaggio, togliendo energia e inventiva alla creazione di altre nuove storie? Nel suo caso ritiene che Contrera abbia ancora tanto da svelare?
Racconto un uomo più che dei casi polizieschi. Contrera si è svelato ancora solo in parte. C’è molto da dire su di lui, sul suo passato, su quello che farà. Non mi sento legato a lui, anche se le sue storie, per come voglio raccontarle, mi tolgono sempre il sonno. Ho in mente però altre storie, completamente diverse, di tutt’altro genere. Quando avrò modo e tempo, le scriverò. Nessuno mi ha mai imposto niente, scrivo quello che ho voglia di scrivere.
• Ormai, con l’avvento delle piattaforme streaming, ogni giorno nasce una serie. Si vociferava di una possibile trasposizione televisiva delle indagini di Contrera. Se il progetto dovesse realizzarsi sarebbe sicuramente motivo di orgoglio e un riconoscimento significativo del suo lavoro di scrittore, con la concreta possibilità di acquisire nuovi lettori. Non teme però, come spesso accade, che il prodotto del piccolo schermo possa non essere all’altezza del libro, se non addirittura stravolto per esigenze di copione? È un compromesso che è disposto ad accettare?
Quando ho pubblicato i primi romanzi, ero molto preoccupato su come sarebbero stati eventualmente trasposti sullo schermo. Ultimamente, sento che me ne importa sempre meno. Sono due linguaggi diversi, affidati a professionisti differenti per arrivare a risultati che non c’entrano nulla gli uni con gli altri. Purché venga riconosciuto che l’autore delle storie di ispirazione su cui si basano i copioni sia io, io in maniera inequivocabile, allora va tutto bene.
• Contrera non ha profili social e non usa mai la tecnologia, aspetti che rendono le sue indagini fruibili anche a coloro che non sono nativi digitali. Lei come si muove all’interno dei social? Li usa prevalentemente per scopi professionali o privati?
Li ho sempre usati un po’ per cazzeggio e un po’ per presentare i miei libri in uscita. Ultimamente ho lanciato un servizio di valutazione di manoscritti inediti, perché sono convinto di poter aiutare molti aspiranti scrittori o autori di romanzi che non hanno ricevuto la meritata accoglienza, a migliorare le loro storie per una pubblicazione congrua al loro talento. Il sito dal quale posso essere contattato per informazioni e costi è christianfrascella.wordpress.com. La mia esperienza ormai quasi ventennale al servizio di scrittori e scrittrici capaci di creare mondi narrativi nuovi, esplorando qualunque genere letterario.
• C’è qualche personaggio famoso che l’ha ispirata oppure sono le persone “straordinariamente” comuni quelle da cui prendere esempio? Grazie per la disponibilità.
Mi ispira qualunque cosa, i fatti, le persone, la cronaca, i ricordi, la musica, il cinema. E ovviamente la letteratura, quella che piace a me.
Grazie a voi.

Di Chiara Castellucci

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