Abbiamo intervistato lo scrittore Michele Cusimano che ha condiviso con noi alcuni interessanti aspetto del suo ultimo romanzo, del romanzo storico e dell’importanza di (ri)scoprire le proprie radici
Intervista n. 191
Prima di tutto grazie per aver accettato questa intervista. Come prima cosa ti chiederei di presentarci il tuo ultimo romanzo, “La Luna dei Moncada”
“La Luna dei Moncada” nasce dall’esigenza personale di conoscere a fondo la storia del mio paese, dove sono nato e che ho dovuto lasciare all’età di 23 anni per motivi di lavoro. Mi sono sempre posto la domanda: Come vivevano gli abitanti della mia città in epoca antica? Quali erano le loro usanze? Quali le loro esigenze? Da questo desiderio sono nati i miei due ultimi lavori. Con “I misteri dell’abbazia di Santo Spirito” ho scoperto l’Ottocento con le sue contraddizioni e i suoi misteri, con quest’ultimo libro ho viaggiato nel Rinascimento.
Quanto è difficile.”maneggiare” personaggi storici di spessore come i protagonisti di quest’opera e quanto lavoro di ricerca è necessario?
Bisogna studiare la storia, consultare manuali e riviste specializzate. Diciamo che “La Luna dei Moncada” è stato scritto in due anni circa di cui almeno 18 mesi dedicati alla ricerca.
Trovo che le due figure femminili principali, Aloisia e Valentina, rappresentino, oltre che due personaggi meravigliosi, anche una sorta di “romanzo di formazione” della donna nella storia: Aloisia è la regnante per certi versi moderna ma allo stesso tempo legata a certe tradizioni mentre Valentina è colei che tenta, dal basso della sua posizione, di superare le tradizioni e rappresenta in un certo qual modo quella che Giorgio Gaber definiva “l’intenzione del volo”, condividi?
Condivido pienamente il tuo pensiero. Le protagoniste, Aloisia e Valentina, sono due donne diverse in tutto ma accomunate dell’orgoglio di essere donne e dalla consapevolezza che possono arrivare a grandi traguardi da sole, senza dover scendere a compromessi con gli uomini. Per Aloisia è più facile perché possiede i mezzi per farlo, ma Valentina è povera e tutto diventa più complicato per lei.
Trovo che la tua prosa sia molto efficace perché diretta, sintetica e precisa, centrata molto sulla narrazione e con le dovute contestualizzazioni storiche che tuttavia non sono mai preponderanti. Quanto è importante la scorrevolezza della lettura in un genere impegnativo come il romanzo storico?
Lo considero il mio stile. Tu lo hai definito diretto, sintetico e preciso. È lo scopo che voglio raggiungere. In particolare nel romanzo storico, già di per sé ricco di nozioni e di date, si rischia di appesantire la prosa e di renderla noiosa. Far sì che ad ogni pagina accada qualcosa di interessante è un’impresa ardua ma necessaria.
Trovo che conoscere una figura così “avanti” nel tessuto storico come Aloisia, come anche il primo marito per certi versi, sia qualcosa di suggestivo ma anche si sconvolgente. Quanto può aiutare il romanzo storico nell’accrescere la cultura e, allo stesso tempo, nel generare spunti di riflessione?
Molto. Il romanzo storico solitamente si compone di due elementi: la storia e la fantasia. Con la prima il lettore acquisisce nozioni storiche che probabilmente non conosce. La seconda permette di vagare con la mente in un contesto lontano, altrimenti non raggiungibile.
Non manca l’elemento “giallo/spionistico”, un elemento che trovavamo, forse più preponderante, già nel precedente “I misteri dell’abbazia di Santo spirito“. Qual è il ruolo di questi passaggi, dare più spessore e profondità alla storia o ricordarci le fitte trame e gli intrighi che si svolgevano all’ombra dei principi eventi storici?
Entrambe le cose, perché la storia è fatta di intrighi, passioni, trame e tradimenti. Non si può prescindere da essi.
Entrambe le opere sono ambientate a Caltanissetta e si rifanno chiaramente alla storia di questa città. Quanto è importante a livello umano recuperare e approfondire le proprie radici?
Direi che è fondamentale recuperare le proprie radici specie per chi, come me, ha dovuto lasciare la sua città e non tornare mai più se non per sporadiche apparizioni. E come se avessi un vuoto da colmare. Con questo libro ho conosciuto aspetti della mia città che non conoscevo e che nessuna scuola insegna.
Una piccola curiosità: ho visto nella tua nota biografica la presenza di un libro, “Via Signorino” di cui però non trovo notizia da nessuna parte. Me ne puoi parlare?
È un libro che ho scritto circa trent’anni fa. Non c’è traccia perché è fuori produzione già da tempo. È ambientato nella Caltanissetta del secondo dopoguerra. A suo tempo qualcuno lo collocò nel Verismo siciliano, quello di Verga e di Capuana per intenderci. Mi sono ripromesso di ripubblicarlo in una nuova veste. Probabilmente sarà il mio prossimo romanzo.
È fuori di dubbio che la comunicazione, la condivisione e la diffusione di informazioni, notizie e di nuove uscite letterarie passino molto spesso attraverso i Social Netword, qual è il tuo rapporto con quest dimensione?
Non sono un amante dei Social ma credo che sia l’unico modo per arrivare nelle case delle persone dato che ormai da tempo i giornali e le televisioni hanno abdicato a tale compito.
Come ultima domanda un’altra piccola curiosità. Per essendo siciliano da parte di madre e avendo girato gran parte della Sicilia non conosco Caltanissetta. Quali sono, secondo te, le caratteristiche salienti di questa città?
È una piccola realtà alle prese con i problemi che caratterizzano il Meridione: la mancanza di un’efficiente rete idrica, strutture inadeguate, ecc…. Ma ha un pregio: la caparbietà dei suoi abitanti e la voglia di emergere. E poi è la mia città che io amo profondamente.
Intervista di Enrico Spinelli
LA LUNA DEI MONCADA Michele Cusimano
I MISTERI DELL’ABBAZIA DI SANTO SPIRITO Michele Cusimano
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