Abbiamo intervistato Luigi Guicciardi e approfondito i suoi tre commissari, Cataldo, Torrisi e Laudani
Intervista n. 240
Lo scorso anno sono usciti due romanzi; cominciamo a parlare di “Donne che chiedono giustizia”, ventitreesima opera con il commissario Cataldo. Come è evoluto in 25 anni questo personaggio? E quali sono, a suo dire, i tratti che lo definiscono meglio?
Giovanni Cataldo è nato a Catania, ma ha chiesto il trasferimento a Modena intorno ai quarant’anni per fare un po’ di carriera e per far decidere alla vita su una storia d’amore in crisi (con la fidanzata Tina). E’ un siciliano un po’ anomalo, molto più normanno che saraceno, alto e biondo, schivo, riservato e un po’ romantico, che all’inizio appare condizionato dalla nostalgia per la sua isola – di cui rimpiange profumi, colori, paesaggi – poi però si apre all’ambiente emiliano, abituandosi alla cucina, al dialetto, alla gente, alla nuova dimensione locale, fino a maturare una graduale disponibilità alle relazioni sentimentali. Via via, infatti, si innamora, si disamora, si sposa (con Alice), ha con lei due figli (Eleonora e Francesco), finché il matrimonio finisce quando lei lo abbandona per un altro, portandosi i bambini con sé. Superato un momento di depressione e una grave operazione chirurgica, ora Cataldo, dopo tante indagini risolte, si trova al culmine della maturità professionale (da commissario capo), ma è un uomo solo, che trova proprio nel lavoro la sua ragione di vita.
Che aggiungere ancora? Il rapporto di Cataldo coi suoi più stretti collaboratori (dal vicecommissario Muliere, ora in pensione, all’ispettore De Pasquale, al medico legale Salvatore Scarso detto Turi) appare umanamente fortissimo e quasi complementare, all’interno di un vero e proprio gioco di squadra. Come investigatore, il suo metodo è quello di non avere un metodo, ma di aderire induttivamente a tutti i casi che affronta: sa fare domande, ma soprattutto sa ascoltare, qualche volta sbaglia pista, poi riconosce l’errore e ricomincia, senza giustificare mai ma comprendendo sempre (umanamente, appunto) le ragioni del colpevole, che hanno spesso motivazioni intensissime.
Cataldo abita da tempo a Modena: prima con la famiglia, ora da single. Nel tempo libero ascolta musica, soprattutto le canzoni dei cantautori italiani (dal conterraneo Battiato a Dalla, De André, Vecchioni e Zucchero) e legge narrativa contemporanea, specialmente i siciliani Pirandello, Sciascia e Camilleri. Non segue particolarmente il calcio.
Si aspettava, quando uscì “La calda estate del commissario Cataldo”, che questo personaggio le avrebbe tenuto compagnia così a lungo?
Sicuramente no. Nel momento in cui inviai “La calda estate” all’editore Piemme, non sapevo neanche se sarebbe stato accettato. E 23 romanzi sarebbero stati allora un miraggio. Quando, nel 1999, il romanzo uscì, non avevo, per dire, un indirizzo mail né un sito internet né un telefono cellulare, non c’erano i blog sui libri e neanche gli ebook. Per questo non ho che da ringraziare la costanza della mia ispirazione e la lunga fedeltà dei lettori.
I romanzi con Cataldo sono usciti con cadenza quasi annuale. Come si riesce a trovare ispirazione per tenere un simile ritmo? E quanto contribuisce l’ambiente che la circonda nel costruire nuove trame?
L’ispirazione, imprevedibile, può provenire di volta in volta da direzioni molto diverse: da un vecchio fatto di cronaca (non necessariamente nera), dal ricordo di una lettura fatta, da una storia di famiglia rievocata dai parenti, dai fotogrammi di un film del passato, da un dialogo tra sconosciuti ascoltato per caso. E in un quadro così pesa molto, a ispirarmi, la città di Modena, che conosco molto bene perché è la mia città. Come diceva Will Eisner, anch’io “scrivo di ciò che conosco e di cui ho avuto esperienza, ed è questo che mi mantiene onesto.” Modena offre a me (e a Cataldo) tutti i mali reali di una città contemporanea: con le comunità di recupero dei tossici, i profughi di guerra, i rancori accademici, il vizio del gioco, l’usura, il mondo del collezionismo e delle gallerie d’arte, della scuola e delle parrocchie, della chirurgia estetica e del calcio professionistico…
Nel 2022 fa la sua comparsa, sempre a Modena, un nuovo personaggio con una serie dedicata, il commissario Torrisi, di cui proprio l’anno scorso è uscito il terzo romanzo “Nessuno si senta al sicuro”. Ci presenti questa figura: in cosa si differenzia da Cataldo?
Torrisi è un commissario di polizia poco più che trentenne, nativo di Samone, sull’Appennino modenese, dove abitava con la madre prima di trasferirsi a Modena. Alto, molto magro, volto pallido e scavato, capelli ancora scuri ma avviati a ingrigirsi, allergico ai gatti, è tanto energico e intuitivo nelle indagini quanto solitario e tormentato nella vita privata. Già fidanzato con Debora, una biologa poi partita definitivamente per gli States, e ora insoddisfatto single, Torrisi, convinto sostenitore del lavoro di squadra, coordina una èquipe variegata via via composta dal sovrintendente Lo Giudice, dagli agenti Lo Duca, Iattici e Ballotta, col sostegno esterno del dottor Coco, medico legale, e del nuovo questore, il dottor Vassallo. Apporti davvero necessari, tutti questi, essendo toccate finora, a Torrisi, indagini di spiccato profilo sociale e civile, dai delitti del “mostro di Modena” a omicidi nel mondo dei ragazzi diversamente abili, fino al tema dell’espianto/trapianto di organi umani, di valenza fortemente etica.
Non dimentichiamo poi che nel 2021 è nato il commissario Laudani. Vogliamo spendere qualche parola anche su di lui?
Laudani, finora protagonista di due soli gialli (“I segreti non riposano in pace” e “Tre storie di sangue“, per l’editore Gilgamesh), risulta intenzionalmente meno definito come personaggio rispetto agli altri, dal momento che in queste nuove storie, molto diverse, mi premeva soprattutto privilegiare l’azione dinamica, il plot investigativo serrato e ricco di colpi di scena: un’idea di Giallo, in definitiva, un po’ più “americana” e hard-boiled che nel segno del mystery classico. Per questo Laudani, meno riflessivo di Cataldo (più anziano) ma anche di Torrisi (pressoché coetaneo), si avvale nelle indagini dell’ausilio dell’ispettore Bartoli, molto energico e attivo, più amico, ormai, che collaboratore.
Cosa spinge un autore, dopo anni con un personaggio rodato, a cimentarsi in altre sfide sempre nel solco del romanzo giallo?
La curiosità e la voglia di novità. Il commissario capo Cataldo, inchiesta dopo inchiesta, è arrivato a un’età rispettabile, è al culmine della maturità professionale, è capace e deduttivo, ma a un tratto, dopo tanto tempo, m’è nato il desiderio di affiancargli narrativamente un commissario diverso, ben più giovane, non più meridionale ma modenese dell’Appennino, meno esperto ma più dinamico, meno attraente nel fisico ma altrettanto serio e impegnato nelle indagini. Senza contare che, in prospettiva futura, Torrisi potrebbe raccogliere anagraficamente l’eredità investigativa di Cataldo, senza troppa soluzione di continuità.
Ho notato con curiosità che tutti e tre i personaggi lavorano a Modena. Come mai ha deciso di lasciare la stessa ambientazione?
Perché ho sempre condiviso una frase di Balzac, “Se vuoi essere universale, parla del tuo paese”: parla, cioè, del mondo, reale, che conosci meglio. Perché il Giallo può esser declinato in tanti modi diversi, secondo tanti indirizzi e varianti, ma prima di tutto deve essere un romanzo realistico. Non necessariamente vero, ma assolutamente verosimile.
Glielo avranno certamente già chiesto, ma ci sarà mai la possibilità che questi tre protagonisti si trovino a interagire tra loro?
In effetti m’è stato chiesto, ma è una possibilità che per ora non ho in mente. Comunque, se un giorno questo si verificasse, è ovvio che sarebbero Torrisi e Laudani, più giovani, a essere subalterni di Cataldo, che coordinerebbe con la sua esperienza l’energia degli altri due.
Come dicevo prima, tutti i suoi romanzi sono ambientati a Modena, per cui le chiedo quali sono gli aspetti di questa città che la ispirano e quali sono le sue caratteristiche meno note a chi non vi abita.
Modena – per usare un’espressione usurata ma sempre funzionale – è la classica città a misura d’uomo, equidistante tra la metropoli – che spersonalizza i rapporti umani e in cui l’omicidio è così abituale da esser presto dimenticato – e il paesino tipo St. Mary Mead, in cui tutti sanno tutto di tutti e dove il mistero sarebbe oggettivamente poco credibile. Proprio per questa sua dimensione umana Modena può ospitare facilmente trame, inquietudini, segreti sempre attuali, e questa mia scelta di un’ambientazione locale (o provinciale) mi permette di imprimere ai miei gialli un quoziente maggiore di realismo, appunto perché le vicende si radicano in un ambiente che conosco meglio, con maggiore e più diretta profondità.
Come ultima domanda, ringraziandola per la sua disponibilità, le chiedo un parere sul mondo dei Social, sempre più piazza di condivisione ma spesso anche di scontri feroci e di violenza verbale.
I Social hanno il pregio di essere una realtà democratica, consentendo a tutti libertà di espressione e di intervento verbale. Tale libertà andrebbe però condivisa e non equivocata, cioè gestita con educazione, rispetto e consapevolezza delle proprie competenze. Da parte mia, utilizzo i Social soprattutto come mezzo di condivisione (Facebook), per far conoscere i miei libri e per discutere di letteratura coi miei lettori, e in quest’ottica ritengo che siano utili e importanti.
Intervista di Enrico Spinelli
I TRE COMMISSARI MODENESI – Cataldo, Torrisi e Laudani
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