Abbiamo intervistato Marco Vichi approfondendo le sue opere più recenti, “Il Ritorno” e il nuovo romanzo bordelliano “Meglio di niente”

Abbiamo intervistato Marco Vichi approfondendo le sue opere più recenti, “Il Ritorno” e il nuovo romanzo bordelliano “Meglio di niente”

 

Recensione n. 251

 

Marco Vichi

 

 

Prima di tutto grazie per aver accettato questa nuova intervista. Le chiederei di presentarci il suo ultimo romanzo con il Commissario Bordelli, uscito 4 mesi fa, “Meglio di niente”.

Grazie a voi… Come al solito preferisco non raccontare nulla sulla storia del romanzo, posso soltanto dire che il commissario è andato in pensione da qualche settimana, ma non sa stare con le mani in mano, e cerca in ogni modo di continuare a fare lo sbirro, per ricucire qualche strappo di ingiustizia, occupandosi anche di piccole cose, aspettando che arrivi qualcosa di più importante.

 

 

 

Meglio di niente può sembrare un’espressione consolatoria per chi si aggrappa a tutto per cercare di trattenere qualcosa, nel caso del suo personaggio sembra invece avere un ruolo quasi salvifico, cosa ne pensa a riguardo?

Meglio di niente è un po’ come avere mezzo bicchiere d’acqua nel deserto, invece di una cassa di bottiglie. È sempre acqua, ma ci si deve accontentare.

 

Le ultime opere sono molto concentrate sul percorso interiore di Bordelli, lei che lo ha creato cosa sta scoprendo di lui romanzo dopo romanzo? C’è qualcosa di lui che non si sarebbe mai aspettato potesse succedere?

No no, non l’ho creato, l’ho conosciuto e poi ho scoperto chi era e come la pensava mentre lo raccontavo. Che sia una proiezione dell’inconscio, o che ci sia davvero qualcosa di magico nella scrittura, fatto sta che ho imparato a conoscerlo davvero romanzo dopo romanzo, mi ha spesso sorpreso e continua a farlo. Scrivo anche per questo, per conoscere i personaggi che racconto, sempre capaci di farmi esplorare le zone più nascoste di me stesso. Non è facile da spiegare, ma scrivere è un bellissimo disturbo che mi accompagna fin da quando sono bambino.

 

I romanzi con Franco Bordelli sono sempre più corali grazie anche ai “momenti Decameron”. Pensa mai di dedicare un romanzo indipendente a uno dei commensali del Commissario?

Ogni tanto ci penso, ma credo che sia il commissario a tenere insieme questa confraternita. E comunque non sono veri e propri romanzi corali, perché la storia viene vista e raccontata soltanto dallo sguardo di Franco Bordelli.

 

 

 

 

Una curiosità: 4 anni fa è uscita una raccolta di racconti del giovane Bordelli, è un esperimento che si sente di riprendere in futuro?

Non mi dispiacerebbe, anche se nei romanzi ogni tanto racconto qualche episodio del suo passato, perfino di prima della guerra, quando non era ancora entrato in Pubblica Sicurezza.

 

Negli ultimi romanzi troviamo anche alcune poesie, per altro molto belle, di sua madre. Quante valore ha per lei, per la sua proposta narrativa e per la sua vita, la poesia è quanto è sottovalutata la sua importanza?

La poesia, quella vera, sviluppa in poche righe la potenza di un intero romanzo. Passa dalla ragione, ma anche la attraversa e la salta come fa la musica, arrivando dritta all’emozione. Non sono un poeta (purtroppo), ma amo la poesia, ma deve esserlo per davvero. Le poesia di mia mamma sono state per me una grande sorpresa, le ho scoperte quando lei aveva ottantaquattro anni. E sono diventate le poesie della mamma del commissario.

 

Lasciando un momento da parte Bordelli, l”anno scorso è uscita un’opera davvero forte per i temi trattati e per la storia, “Il ritorno“, cosa l’ha spinta a intraprendere questa strada?

Da sempre (molto prima di conoscere il commissario) scrivo romanzi tutti diversi tra di loro, per lanciarmi in foreste sconosciute che mi piace scoprire. Il ritorno è una di quelle foreste. Scrivere quel romanzo è stata un’esperienza molto forte e molto bella, del resto come sempre.

 

 

 

Quanto lavoro di ricerca e di documentazione è stato necessario per arrivare a un risultato così documentato e concreto?

Ho conosciuto il mondo notturno della prostituzione, anche quello dei trans (non da consumatore di sesso, ma da vero curioso), e per quanto riguarda la guerra della ex Jugoslavia, all’epoca seguivo la vicenda con molta attenzione, e mi ricordo tutto.

 

Come crede sia stato recepito dai lettori? E c’è un altro tema o una storia particolare che desidererebbe affrontare?

Molti mi hanno scritto che era il mio romanzo più bello, e ne sono davvero contento. Ho avuto anche molte recensioni belle. Di certo qualcuno si sarà sentito spiazzato, ma non posso farci nulla, quando scrivo vado dritto lungo la strada che mi appassiona.

 

Come ultima domanda, ringraziandola per la disponibilità, le chiedo un’ultima curiosità tornando a Bordelli: nelle copertine appare sempre con un cappello e un impermeabile (senza che si intravedano altri dettagli), mentre nei romanzi non se ne fa alcun riferimento. È un omaggio alla figura classica del poliziotto/investigatore o un modo per fare sì che ogni lettore si possa immedesimare con il suo personaggio?

Le copertine di Giancarlo Caligaris, tra l’altro per me bellissime, non raccontano il romanzo, ma creano una suggestione. Un commissario con il cappello ha più forza, in un’immagine.

 

Intervista di Enrico Spinelli

 

IL RITORNO – Marco Vichi

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MEGLIO DI NIENTE Marco Vichi

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