Abbiamo intervisto Francesco Palombo, titolare della libreria Riva di carta

Abbiamo intervisto Francesco Palombo, titolare della libreria Riva di carta – Porto Santo Stefano (GR)

 

 

Parlateci di voi. Chi siete e quando nasce la vostra attività?

Sono Francesco Palombo, il titolare della piccola libreria indipendente “Riva di Carta” con sede nel centro storico di Porto Santo Stefano (GR), precisamente in Corso Umberto I n. 56, sopra al Lungomare dei Navigatori. Siamo all’Argentario, il famoso promontorio della bassa Toscana, suggestiva meta per le vacanze estive ma non solo. Ho 45 anni e vivo qui con moglie e figli.
Gestisco da solo la libreria, dividendomi tra lavoro e impegni familiari. La strada che mi ha portato ad aprirla è molto particolare.
Fin da piccolo ho sempre coltivato la passione per la lettura e la scrittura. Dopo gli studi nautici, il servizio di leva e i primi lavori legati al mondo del mare, passo quasi due decenni a fare l’operaio in un grosso stabilimento. Con la crisi economica generale iniziano i problemi occupazionali in azienda, e allora decido di trasformare la mia passione in lavoro. Prima punto sul mio blog paginecuriose.it e sul promuovere scrittura creativa, libri e autori locali e poi, nell’estate 2022, finalmente apro la mia piccola libreria nella parte commerciale del paese, spostandomi dopo pochi mesi nella parte storico-turistica.
Oggi mi dedico con passione al lavoro, proponendo sì le tante novità che interessano alla gente, ma anche titoli da me selezionati con cura.

 

Che tipo di lettori frequenta la vostra libreria?

La mia libreria è frequentata da paesani, villeggianti e turisti.
Nonostante le piccole dimensioni della libreria, propongo titoli di varie sezioni: Classici e Poesia, Narrativa contemporanea, Novità, Saggistica, Fumetti e Manga, Bambini e Ragazzi, Young Adult, Lingue oltre alle mia curatissima sezione “Mare” e quella sul “Territorio e Autori Locali”. Ultimamente sto allestendo una sezione “Inclusione”, con titoli a sostegno di insegnanti, genitori e ragazzi riguardanti tematiche importanti come iperattività, dislessia, malattie rare, disagi emotivi, bullismo, ecc.
Con questa varietà di sezioni, riesco a raccogliere lettori di tutte le fasce d’età: bambini con i loro genitori, ragazzi, studenti, adulti, anziani. Si va dal lettore appassionato al curioso che si affaccia in libreria per la prima volta o quasi, dal cercatore di sogni a chi vuole riprendere un po’ di tempo per sé.

 

 

 

Lettori si nasce o si diventa?

Lettori si diventa.
Da piccoli, con l’esempio dei genitori (e non con le forzature), imparando a viaggiare con la fantasia. Da ragazzi, frequentando punti culturali (biblioteche, librerie, associazioni ecc). Da grandi, riuscendo a capire che bisogna ritagliarsi dei momenti per afferrare il presente, se no il tempo fugge via.

 

Essere librai nel 2024: che cosa è cambiato nel mestiere del libraio e nel ruolo del lettore, negli ultimi anni?

Essere librai nel 2024 è un atto di coraggio al limite dell’incoscienza. Si è librai per passione, per vendere speranze, illusioni e vedere gente felice di girare gli scaffali ad afferrare una frase, un titolo, un’illustrazione sulla copertina.
Non ci si arricchisce come librai, anzi si fa enorme fatica a far quadrare i conti, perché la percentuale di lettori in Italia è veramente bassa. In un paese ovviamente si fa ancora più fatica.
Il libraio adesso deve saper dialogare con i sostenitori della libreria (il termine clienti mi piace poco), capire le esigenze, saper selezionare titoli nell’enorme catalogo delle pubblicazioni, essere presente sul territorio con piccole iniziative (presentazioni, firmacopie, progetti). Io sto cercando, nel mio piccolo, di fare tutto questo con entusiasmo.
Il lettore che sceglie le librerie nel 2024 è una persona a cui piace la lettura e l’odore della carta, e che cerca un’idea o un sogno tra le copertine dei libri. La libreria diventa un luogo magico in cui il lettore-sostenitore cerca evasione. Bravo è quel libraio che riesce il più possibile a dare un’anima alla propria libreria.

 

 

 

Lettura e reti sociali: che cosa ne pensate di questo binomio? Si può essere “social” continuando a essere lettori? Quanto e come siete presenti sulle reti sociali e che impatto hanno queste sulla vostra attività?

Lettura e reti sociali possono andare benissimo d’accordo.
Si può benissimo essere social e amare i libri, basta stabilire tempi di permanenza sui social e non farli diventare una dipendenza. I social devono servire a stare in contatto e scambiare idee con amici lontani (ad esempio sulle letture), non a sostituire le relazioni e a chiudersi in casa.
Come libraio uso i social di solito per promuovere letture e iniziative: la Riva di Carta ha le sue pagine Facebook e Instagram. Prima di fare il libraio, proponevo sui social piccole esercitazioni di scrittura creativa agli amici. I miei post non hanno cadenza fissa, cerco comunque di dare una certa continuità (quasi giornaliera).

 

Nel nostro gruppo ci sono titoli che ormai hanno raggiunto lo stato di “libri di culto” o veri e propri tormentoni, come I leoni di Sicilia e La portalettere, per citarne alcuni, non sempre a causa della loro qualità artistica ma grazie, soprattutto, a un passaparola costante sulle reti sociali: quali sono i titoli il cui successo vi ha maggiormente stupito e che idea vi siete fatti del motivo di questo successo?

“La portalettere” è un titolo che adoro e che ho proposto ben prima della vittoria del Premio Bancarella. La scorsa estate è stato il romanzo più venduto alla Riva di Carta. Prima,anche “I Leoni di Sicilia” e “Cambiare l’acqua ai fiori” sono stati altri titoli di successo. Il bello è che ancora sono molto richiesti.
Mi ha stupito il successo di “Spare” del Principe Harry, non per la bontà del testo (che è ottimo) ma perché non pensavo che anche tanta gente generalmente non appassionata di libri, invece sarebbe corsa in libreria alla ricerca del volume. Non si finisce mai di imparare.
In generale però, non mi stupisco molto sul successo o no di un libro, perché anche se la mia opinione è in contrasto capisco che ogni persona, leggendolo, ci vede una cosa diversa a seconda del proprio stato d’animo del momento.

 

 

Qual è il titolo che, secondo voi, diventerà il prossimo “tormentone”?

Risposta difficile. Posso dire che negli ultimi mesi ho apprezzato molto “Grande Meraviglia” di Viola Ardone, la cui caratterizzazione dei protagonisti è come sempre eccezionale.
Adesso punto molto su “Gli occhi di Monna Lisa” di Thomas Schlesser, dove narrativa e arte si fondono in maniera molto delicata nei dialoghi parigini tra la piccola Lisa e il nonno.
Comunque, da qui all’estate ci saranno molte altre sorprese.

 

 

In molti, sul nostro gruppo FB, si lamentano del fatto che è diventato molto difficile invogliare alle lettura i giovanissimi: in base alla vostra esperienza è vero che i ragazzi leggono sempre di meno? Esiste una strategia che scrittori, librerie, case editrici o chiunque abbia a che fare con giovani lettori potrebbe utilizzare per interessarli di più?

Secondo me, bisogna cercare di appassionare i bambini fin da piccoli con l’esempio. Obbligarli a leggere non serve, c’è bisogno che in casa vedano persone con un libro in mano. E c’è bisogno che, quando hanno voglia di leggere, possano trovare libri adatti alla loro età sugli scaffali della libreria di casa: quindi è necessario che i genitori abbiano la volontà di destinare qualche soldo all’acquisto di libri, senza pensare che siano “merce inutile”, piuttosto considerando un libro come un investimento per il futuro.
Poi è necessario che la Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado puntino al libro cartaceo e non all’eccessiva digitalizzazione, perché un bambino con un tablet in mano è un bambino che vuole usarlo per giocare e non per leggere. Ci sono tempi e modi diversi per proporre utilissime e necessarie nozioni informatiche.
Non è vero che i ragazzi leggono sempre meno, diciamo che hanno  molte più distrazioni. Ma tra i ragazzi c’è la solita piccola percentuale di lettori che è presente in tutte le fasce d’età, e conosco ragazzi che entrano in libreria con tanto entusiasmo. Purtroppo in Italia si legge poco, in ogni fascia d’età.
Le case editrici devono puntare su librerie e biblioteche, perché i ragazzi hanno bisogno di luoghi fisici dove toccare la cultura con mano e socializzare, cioè sentire che leggere è anche figo: leggere permette di aprire la mente a idee, conoscere tante persone e capire la chiave per apprezzarle e farsi apprezzare.
Gli scrittori, per interessare i giovani, devono ovviamente puntare su argomenti e contenuti adatti e d’interesse. Inoltre è importante la presenza: l’incontro con i giovani nelle scuole e nelle librerie durante le presentazioni è fondamentale per incuriosire i ragazzi. L’importante è che gli scrittori non commettano l’errore, come stanno facendo alcuni, di trasformarsi in influencer. I ragazzi, ma anche ai grandi, vogliono un libro per scoprire altre vite, per curiosità, per sognare. Ad esempio, sapere per filo e per segno l’orientamento politico e il pensiero su ogni aspetto della società moderna dello scrittore fa sì che molti, sentendosi in disaccordo, non comprino il romanzo di quell’autore (magari un capolavoro). La gente non vuole sentirsi giudicata, ripeto: vuole evadere, aprirsi, rilassarsi, documentarsi. Alcuni scrittori, con tutto il rispetto, dovrebbero stare meno a criticare tutto e tutti sui social e in tv, e più a narrare storie (che è quello che la gente vuole).
Esempi positivi:
“La portalettere” è una bellissima storia, e ha avuto successo. Francesca Giannone è al suo primo romanzo e usa i social per promuovere il suo libro, non per giudicare il lettore.
Laura Imai Messina ci delizia ogni giorno con i suoi pensieri dal Giappone, facendoci riflettere tramite una cultura molto diversa dalla nostra: il lettore adora i suoi libri.
Lo scrittore che invece va sui social e in TV a fare l’influencer, a gridare al “giusto e sbagliato” secondo me fa passare la voglia di leggere ai giovani che invece da quel volto e da quelle parole si aspettano ben altro. Sarebbe meglio per alcuni scrittori avere meno notorietà, e magari avere più tempo per fare un salto nelle piccole librerie a parlare con i librai appassionati del loro lavoro e a sentire gli umori dei lettori.

 

 

Come vi ponete nei confronti della lettura digitale? La considerate una risorsa o una minaccia per la vostra attività e per il futuro dell’editoria?

 La lettura digitale è un metodo moderno di lettura che, come tutte le novità, ha avuto un boom appena lanciata ma che adesso credo abbia trovato la sua dimensione definitiva. Non ho nulla contro chi legge in digitale, perché so che chi lo fa, se passa davanti ad una libreria particolare, entra a perdersi nella sua magia.
Dico quindi che il digitale è una risorsa per colmare una fetta del bacino di lettori: non una minaccia, ma nemmeno il futuro della lettura.
Conosco tante persone che, dopo aver letto un romanzo in digitale, vengono ad acquistare il cartaceo per averlo sullo scaffale di casa. Conosco tante persone che sono passate di nuovo al cartaceo perché i prezzi del digitale sulle ultime uscite sono giudicati troppo alti. 
 L’unica obiezione che sento: “Compro in digitale perché così se vado in vacanza mi porto sempre dietro centinaia di libri”, la fermo subito con la frase “Perché tu in vacanza riesci a leggere qualche centinaio di libri?”.

 

Consigliate tre libri (editati negli ultimi anni), secondo voi imperdibili, ai nostri lettori, motivandone la scelta.

– “Quello che affidiamo al vento” di Laura Imai Messina, perché riesce a unire delicatamente il filo sottile tra la vita e la morte raccontandoci una storia ambientata dall’altra parte del mondo, in cui una cabina telefonica rappresenta il mezzo per afferrare i propri ricordi e lanciare al vento le parole ancora da dire;
– “Il treno dei bambini” di Viola Ardone che riesce magistralmente a dar voce ad un bambino napoletano nel dopoguerra, facendoci immergere nel difficile contesto di quel periodo storico in una storia tutta da scoprire;
– “Notturno Francese” di Fabio Stassi, un giallo molto particolare in cui, viaggiando su un treno, il protagonista scopre se stesso attraverso fatti del passato svelati a poco a poco. Lettura ideale per gli amanti del giallo e dei percorsi introspettivi.
Mi permetto di aggiungere un titolo ormai di qualche anno fa – oggi credo (purtroppo) difficilmente trovabile – “La sposa di Damasco” di Stephanie Saldana, che riesce tramite gli occhi curiosi e innamorati di una ragazza a farci capire che in fondo le religioni e le culture hanno più cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono.

redazione@ilpassaparoladeilibri.it

 

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