ACQUE MORTE, di William Somerset Maugham
Un lettore ha tante aspettative.
Un libro fa tante promesse.
E tante sono le motivazioni che spingono ad andare oltre la prima di copertina. Ecco, io mi sentirei di escludere solo “per vedere come va a finire” tra gli input motivazionali a leggere questo libro.
Parlare di trama debole è vagamente descrittivo, (forse ingannevole?) ma risponde a esigenze di onestà. Anche eventuali spoiler sarebbero inefficaci nel crearvi risentimenti perché questo libro è nato per parlare d’altro. Non ha importanza quante pipe d’oppio “consuma” il dottor Sanders, né tantomeno la filosofia del gusto che spinge a scegliere tra un whisky e soda o un rum.
Ma allora perché leggerlo?
Perché a volte si ha bisogno di snobbare una trama;
perché si vuole semplicemente assaporare il gusto delle parole;
perché siamo alla ricerca di perle di saggezza che mettano sossopra le nostre conoscenze;
perché Maugham è assurdamente raffinato e la sua prosa fuorilegge, ti rapisce, evocativa…
…eh già…evocativa:
“Il cielo era del colore sbiadito di una statua arcaica. Le foreste vergini ai due lati trattenevano ancora la notte, poi insensibilmente il grigio del mare si soffuse delle tinte tenui del petto di un colombo. Un attimo di pausa, e con un sorriso spuntò il giorno.”
Maugham nel descrivere il dottor Saunders non fa altro che raccontare sé stesso, nulla sfugge all’analisi dei suoi occhi da attento osservatore dei vizi umani e, nel mentre, contempla l’enigma dell’esistenza.
Si affanna a far coincidere la realtà con le sue fantasie, sempre pronto al passo indietro, infondo ciò che dà bellezza a un ideale è la sua irraggiungibilità.
Spoglia l’uomo delle sue apparenze e ci mostra i suoi turbamenti, amori idealizzati, come le amicizie, ma ci mostra anche tradimento, opportunismo, meschinità.
Maugham è cinico, snob, ma credibile, abile a dire tutta la verità. Ci fa vedere un predatore che sotto lo sguardo della preda si mostra distratto, indifferente, quasi amorevole ma sempre pronto a palesare il suo istinto egoista appena non ha più occhi dell’apparenza addosso, del tutto smascherato della sua finzione.
“Il mondo consiste in me e nei miei pensieri e sensazioni; tutto il resto è pura fantasia. La vita è un sogno in cui io creo gli oggetti che mi vengono davanti. Ogni cosa conoscibile, ogni oggetto dell’esperienza, è un’idea della mia mente, e senza la mia mente non esiste. Non c’è alcuna possibilità e nessuna necessità di postulare qualcosa al di fuori di me. Sogno e realtà sono tutt’uno. La vita è tutta un intreccio di sogni, e quando smetto di sognare, il mondo, con la sua bellezza, i suoi dolori e sofferenze, la sua infinita varietà, cessa di esistere.”
Inutile dirlo, consigliato!
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