ADDIO FANTASMI, di Nadia Terranova
Una storia luttuosa, claustrofobica e depressa (non deprimente; depressa).
Una figlia abbandonata da piccola insieme alla madre da un padre ammalato di depressione, chissà perché, chissà per cos’altro; la sua vita avvitata per oltre vent’anni su quel buco dell’abbandono, una lacerazione irrisolta come una ferita sempre sanguinante, mai rimarginata, bendata col silenzio e suppurata dal senso di colpa per non essere stata capace di farlo restare.
Forse tutti i figli vivono dei sensi di colpa per l’infelicità dei propri genitori, finché non diventano genitori anch’essi e capiscono che un genitore può essere infelice nonostante la gioia immensa, incomparabile, che dà un figlio e che a volte l’infelicità viene dall’incapacità di un uomo o di una donna di vivere dentro la vita che gli è toccata in sorte o che si è costruita, altre volte ancora viene da qualche male che avvelena il sangue e la mente come un cancro incurabile e a volte l’abbandono può sembrare l’unico modo per mettere i propri cari in salvo da se stessi.
“…Io e mia madre senza tregua insabbiavamo, e insabbiando espiavamo; avevamo fatto difetto ma nessuno se n’era accorto, eravamo state colpevoli, un uomo depresso si era allontanato dalla vita perché non avevamo saputo trattenerlo, pensavamo che la nostra colpa fosse una macchia scarlatta e impunita.”
La cifra principale del libro è questa, il resto – il desiderio coniugale che si spegne, la fatica del rapporto figlia-madre, la Sicilia da cui si fugge, il negare se stessa alla maternità – sono dettagli di una coreografia.
Il colore è il nero, la tecnica pece lasciata cadere su lastra di metallo, la colonna sonora è in tonalità ovviamente minore. Un adagio funebre.
Una bella scrittura, una grande capacità di introspezione, una lucidità rara nel fissare su carta pensieri ed emozioni sino a dare loro una certa universalità.
Alcune occasioni mancate: aprire uno squarcio nella vita di questo padre, e trovare un finale meno scontato evitando la scena alla Titanic di sepoltura in mare della scatola dei ricordi. So quale finale avrei suggerito, non lo dico per non rivelare a possibili futuri lettori dettagli che nel libro hanno la loro importanza.
Recensione di Ilaria Catastini
Be the first to comment