ALL’OMBRA DEL FICO , di Goran Vojnović (Keller)
Di questo romanzo ho amato tutto ma ci sono alcune pagine finali (di cui non vi svelerò nulla) che ne racchiudono così bene il senso e il valore da far comprendere quanto Goran Vojnović sia una voce necessaria da ascoltare.
Ma prima del suo termine, “All’ombra del fico” ha uno sviluppo tutto da gustare, un perfetto incastro tra la Storia dei Balcani, dagli inizi del ‘900 ad oggi, e le vicende di tre generazioni rappresentate, a loro volta, da altrettanti legami di coppia. Portavoce di questo passato che diventa presente è Jadran, cantastorie di ricordi e memorie, bambino che si fa uomo attraverso il crollo dell’ex Jugoslavia e che tenta di rintracciare un solco comune tra Slovenia, Croazia e Bosnia nel peregrinare della sua famiglia. Un solco comune che riesca a fornirgli una scusa per la sua costante disillusione, per quella sensazione di vuoto d’animo che non sembra riuscire a colmare solo con le parole.
Jadran vedrà sua nonna e suo nonno andarsene, persi in un tempo tutto loro che è il tempo della vecchiaia e di quei non detti oramai sepolti; al loro rapporto ricollegherà quello dei suoi genitori e, ancora una volta, un’altra perdita, quella del padre verso l’oblio del ritorno alle origini. E poi c’è Anja, la sua Anja, sempre misteriosa, sempre in fuga, la madre di suo figlio, la donna che ama e che, però, non basta mai.
Perchè è di questo che, alla fine, il libro di Vojnović parla: di quanto spesso non basti affatto raccontarsi una vita per fingere di averla vissuta e di quanto, all’intimità delle relazioni umane faccia inevitabilmente da contraltare tutto quello che accade “là fuori”, in quelle vicende che finiranno nei libri di storia e dietro alle quali c’è sempre qualcuno che ha sofferto, che ha pianto, che ha gioito, che ha amato, odiato, che è scappato, che si è perduto, che ha sognato.
“All’ombra del fico” è l’opera di un cantore nato giusto in tempo per vedere sparire brutalmente un mondo, cogliere un testimone dalle ceneri e cercare di narrarne un altro con la stessa dignità dei grandi autori del passato. Inutile dirvi, a questo punto, che l’opera è riuscita molto molto bene
Recensione di Martina Sacchi
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