AMARE MARYAM, di Nassira Belloula
Le sue dolci fronde, i suoi profumi delicati hanno cullato Maryam per trent’anni. Le hanno restituito l’illusione di dissociare la sua anima dalla carne, riuscendo ad allontanarsi dalla ‘casa-orchessa’, mantenendo intatto il suo amore per Alì, integro il suo ruolo di moglie e matrice. L’hanno aiutata a Vivere nonostante la sottomissione, il codice di condotta, le privazioni, le restrizioni, l’annullamento della sua identità. Ahimè, nella sua casa, in quella con suo marito “c’è stata un’alleanza, un patto e non una storia d’amore”, quella casa è “un luogo che non è mai stato suo”.
Che libro dolce e struggente, ma anche appassionato, intimista e psicologicamente violento. Un libro bello, di grande forza e con una scrittura raffinatissima.
Le parole di Nassira Belloula incidono come una lama di fuoco la polpa dell’ideologia maschilista, patriarcale e ancestrale del mondo musulmano smascherando quella matrice ‘della sacro-santa-educazione patriarcale’ di cui sono fabbricati padri e mariti (algerini) in nome dell’atavica supremazia dell’uomo sulla donna.
Mai così forte ho sentito in un libro l’urlo di Eva, Eva che non potrà mai diventare uguale ad Adamo, che porta il peso dell’origine della sua creazione, un fardello enorme. Adamo è un privilegiato, è stato plasmato mirabilmente dalle mani di Dio che ha alitato sull’argilla dandole vita. Eva no! Eva è un pezzo di lui, ‘una costola, un frammento di osso storto e fallocratico’. E già l’atto della creazione racchiude in sé il marcio della questione infinita.
Quanto ho pianto Maryam. Sì, l’ho pianta come si piange un dolore. Ho sentito pena e poi impeto. L’ho vista fragile e disfatta, ma anche vigorosa e risoluta. Una risolutezza tardiva ma salvifica.
A voci alterne, quella di Maryam e quella delle sue due figlie Alia e Nora, Nassira Bellooula trova un modo unico per raccontarci della grande rottura che Maryam mette in atto dopo trent’anni di matrimonio. Una mattina lascia sotto gli occhi increduli delle figlie e del marito il tetto coniugale, lo lascia in modo irrevocabile: ‘Torno a casa mia’.
Maryan infrange ogni tabù. Non può più restare legata a quell’uomo e restarci anche dopo la morte, come dice l’imam! Da questa fuga ha inizio il racconto di un’intera vita, un racconto retrospettivo ed introspettivo. La porta da cui Maryan esce è un’ancora che le consente di attraccare alla libertà lasciandosi alle spalle una sedicenne che non sa niente del matrimonio e ancor meno dell’anatomia maschile, un corpo sfatto nell’atto e che si anima solo nelle gravidanze per poi disfarsi anno dopo anno di fianco a un uomo che dopo l’atto le gira le spalle per dormire, sazio e appagato, senza rivolgerle la benché minima parola. Ogni notte a venire…
Per trent’anni… è lo sguardo della società intera che la decompone, la rimodella, che traccia il suo percorso: da donna a sposa, da sposa a madre. Non vi è ritorno possibile verso la donna.
Come non dilaniarsi l’anima di fronte a ciò?
‘Non è quella fessura fragile, invisibile, muta tra le cosce che verrà a contraddire quel peso secolare che distrugge la donna a profitto della madre’.
Come non sentire nausea di fronte a questa affermazione cruda?
Se scrivessi a penna, la mia scrittura sarebbe a scatti, disordinata, aritmica perché tremo a parlare di Maryam. Perché Maryam incarna un doloroso brandello di quelle donne che vivono nella mutilazione della loro anima, nella ferita della loro carne, senza mai osare ribellarsi.
Questo libro è un miraggio. Mi viene solo da direi: amate ‘Maryam’ ma prima scoprite cosa significhi ‘amare’ e chi è ‘Maryan’.
Recensione di Nunzia Cappucci
AMARE MARYAM, di Nassira Belloula
Commenta per primo