AMERICAN DUST, di Richard Brautigan (Minimum Fax)
“Prima che il vento si porti via questa polvere…polvere d’America.”
L’urgenza di narrare è necessaria per Brautigan prima che ci si scordi che il sogno americano nato a fine anni ’40, per molti, si sia consumato in uno spazio esistente tra un hamburger e dei proiettili.
In quello spazio, l’autore ha vissuto. Il resto è narrazione e lui lo sa.
Gioca con le parole e la prosa risulta avere una particolare comica commovente tristezza.
L’innocenza lascia il posto ad una coscienza che ricorda e che non trova un senso.
La stessa che ha urgenza di raccontare l’infinita bellezza di esistenze “fuori dal tempo “.
Un vecchio alcolizzato che regala bottiglie vuote , un benzinaio che compra vermi e regala gelati, una coppia che arreda il lungo lago con un divano e pesca .
Personaggi che non rincorrevano più i sogni americani, ma i loro, realizzandoli.
Proprio come da bambini, quando si è felici senza saperlo.
Infanzia e morte danzano in questo libro che , muovendosi nel tempo, ti porta in un luogo che sembra non averne e che non smetterà mai di esistere.
“<La vuoi una bibita?> gli chiese il vecchio sbucando fuori dal suo ufficio. <No, mi sa che aspetto l’estate> disse David. <Va bene> disse il vecchio. <Fai come vuoi.> Poi tornò nel suo ufficio ad aspettare l’estate. “
Recensione di Egle Spano’
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