ARMAGEDDON RAG, di George R.R. Martin (Gargoyle)
Sandy, ex hippie nostalgico ma consapevole del cambiamento dei tempi, si trova a indagare sulla morte di Jimmy Lynch, manager famoso nel mondo del rock per essere l’artefice del successo del gruppo dei Nazgul, che aveva vissuto il suo momento di gloria negli anni 70 con un curioso mix di hard rock e testi ispirati a Tolkien.
Durante la sua investigazione, il protagonista scopre non solo che i membri del gruppo stavano per riunirsi e tornare a suonare, ma anche che il loro leader sembra risuscitato dai morti mentre chiunque abbia a che fare con questa misteriosa riunione finisce per morire in modo brutale: si tratta di vera magia nera o un assassino sta regolando i conti col passato?
L’indagine porta il protagonista a ripercorrere molti degli eventi della sua giovinezza e a confrontarsi con i suoi compagni di avventura di un tempo scoprendo, con rammarico, che per scelta o obbligo in pochi condividono ancora i vecchi ideali.
Armageddon Rag rappresenta la seconda incursione di Martin nel campo del romanzo horror, ma rispetto alla prima (Il battello del delirio), il risultato è meno convincente: il ritmo è discontinuo, mancano i colpi di scena che garantiscano a queste letture la scarica di adrenalina necessaria affinché avvincano il lettore; questo romanzo va, tuttavia, segnalato per l’interessante riflessione sugli anni 70, su quanto sia rimasto degli ideali di quell’epoca e su come essi siano stati metabolizzati dalla generazione che ne fu portatrice: altrettanto dettagliata e realistica è la ricostruzione dell’ambiente musicale, dei raduni dei nostalgici e l’approfondimento delle varie anime dei musicisti dei Nazgul.
A chi consiglio questo romanzo “da ombrellone”, comunque molto godibile? Ai cultori dell’autore, purché restino consapevoli che si tratta di un Martin “minore” e agli appassionati di musica, perché ritroveranno sensazioni e atmosfere dei grandi eventi.
Recensione di Valentina Leoni
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