Banksy: il più grande artista della street art in due libri
“Unofficial Banksy” (prefazione di J. Brandler; testo di A. Mattanza)
“Banksy” (S. Antonelli, G. Marziani)
If graffiti changed anything – it would be illegal
(Se i graffiti cambiassero qualcosa, sarebbero illegali)
“E infatti lo sono. Lo sono perché cambiano davvero le cose, specie quelle di Banksy” (cit)
Banksy è uno degli artisti più noti dei nostri giorni, un artista che tuttavia non espone le sue opere in musei asettici e destinati a un certo “club” di visitatori, ma le rende pubbliche, a disposizione di tutti. Un’arte democratica, potremmo dire.
Chi è Banksy? Non si sa. O meglio, qualcuno sicuramente lo sa, ma non lo dice. Potrebbe essere un certo Robin Banks, oppure un Robin Gunningham. Oppure ancora un insieme di artisti. Ma alla fine è davvero importante saperlo, o non è più importante cercare di capire cosa ci sta comunicando?
Le opere di Banksy sui muri sono state definite atti di vandalismo, molti negli anni sono state rimosse. Adesso, prima di cancellare, si sta ben attenti che l’opera non sia sua ma quanti Street Artists, magari bravi, subiscono la stessa sorte?
La voce di Banksy è una voce di feroce protesta. Alcuni non lo reputano neppure un artista, ma un personaggio i cui disegni sono buoni solo per i bambini. E invece i bimbi non possono capirlo. Non da soli, almeno. Non possono capirlo perché il messaggio di base è troppo difficile per loro, senza esperienza: è giocato su doppi sensi, satira, sarcasmo, dark humour e, appunto, una critica spietata ad una società e a un sistema che non rappresentano tutti, che sono contraddittori e violenti. Tanto quanto siamo contradditori tutti noi, del resto: pensiamo una cosa e ne facciamo un’altra, il bene e il male sono mescolati, i confini tra giusto e sbagliato sono estremamente labili. Chi dice cosa è giusto e cosa e’ sbagliato?
Chi decide cosa è arte e cosa no?
Le sue opere sono spesso spiazzanti, ogni osservatore è lasciato da solo a carpirne il segreto, i particolari vengono notati dopo molte osservazioni, e c’è sempre quel particolare inizialmente non notato che può cambiare il senso di tutto. Sono opere stratificate, ingiustamente spesso considerate come non complesse. Sono opere che ci sfidano, che ci trasmettono emozioni, che ci mettono davanti agli occhi cose che vorremmo forse non vedere, come suggerito dalla famosa installazione “C’è un elefante nella stanza”, in cui Banksy ha preso un elefante vero e lo ha dipinto (con colori assolutamente non tossici) con gli stessi colori della tappezzeria della stanza per cercare di mimetizzarlo. Ma l’elefante c’è, è impossibile non vederlo. Esattamente come ci sono molti problemi che fingiamo di non vedere: il razzismo, il sessismo, il classismo, la povertà, la guerra, le ingiustizie, l’infanzia rubata, l’inquinamento, il disastro ambientale, la corruzione, e chi più ne ha più ne metta.
Siamo tutti i giorni bombardati in tv, alla radio, lungo la strada da slogan pubblicitari che ci chiedono di essere o fare qualcosa, pena l’esclusione dalla “società che conta”. Noi, questi cartelli, questo sketch, questi slogan non li abbiamo chiesti, eppure ci vengono continuamente proposti, imposti, ne siamo sommersi. Questo non è vandalismo?
Siamo una società che venera il consumismo come una nuova divinità, il vestito conta più di quello che facciamo, uccidiamo per un pezzo di terra, sorvegliamo tutto e tutti fino all’ossessione, stiamo distruggendo il nostro pianeta:siamo davvero le scimmie più evolute?
Banksy usa moltissime immagine di animali: topi e scimmie soprattutto. Quegli animali siamo noi.
Quelle di Banksy sono immagini contestatorie, l’impegno politico e sociale è indubbio. Potrebbero dare fastidio, anzi: danno fastidio. Ma l’arte di Banksy è fatta per disturbare chi si sente in zona comfort: apriamo gli occhi, cerchiamo di essere una società migliore.
“Mi piace pensare di avere il fegato di far sentire la mia voce in forma anonima in una democrazia occidentale ed esigere cose in cui nessuno altro crede più: la pace, la giustizia, la libertà”
Recensione di Benedetta Iussig
Banksy: il più grande artista della street art in due libri
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