BARTLEBY LO SCRIVANO, di Herman Melville
Quanto può essere preziosa un’ora? Tanto, se la si trascorre in compagnia di Bartleby.
È un personaggio di una tale potenza narrativa che si insinua nei pensieri del lettore così come fa con i personaggi del racconto, l’avvocato suo principale e gli altri scrivani dell’ufficio; questi a poco a poco si rendono conto non solo di non pensare ad altro che a Bartleby, ma addirittura di aver iniziato ad esprimersi come lui, utilizzando il verbo “preferire”. Questo copista modello, infatti, veloce e preciso nel suo lavoro, inizia a rifiutarsi di svolgere i compiti che gli vengono assegnati (controllare un documento, fare una commissione) fino a quando si rifiuterà proprio di lavorare.
Quel suo “preferirei di no”, pronunciato con mitezza ma anche con fermezza, ha un effetto destabilizzante: significa sottrarsi alle regole di funzionamento dell’ufficio (e della vita in generale). L’ordine è sovvertito e l’avvocato-narratore, compassionevole ma anche preoccupato per le chiacchiere suscitate dalla presenza nel suo ufficio di un dipendente che trascorre tutto il tempo a fantasticare osservando un muro, non riuscirà a convincerlo né con blandizie, né con ricompense (i soldi non hanno potere sull’animo di Bartleby!) né con minacce ad adeguarsi al sistema o ad andarsene, per cui deciderà di trasferire altrove l’ufficio pur di liberarsi dello scrivano.
Il finale, di cui non rivelo niente, è estremamente poetico, ma rimane l’impressione che sia solo il frutto della volontà dell’uomo comune (l’avvocato, il lettore) di trovare per forza un senso secondo una logica cui però Bartleby mostra di sfuggire. Quel suo “preferirei di no” rimane e rimarrà per sempre un mistero (rivendicazione di libertà o incapacità di superare le proprie difficoltà sociali e di imporsi sulla propria natura?); dimostra però quanto possa bastare poco (o forse tanto) per mettere in crisi un sistema con tutte le sue certezze e ci fa balenare per un attimo l’idea che un altro ordine, un’altra scala di valori forse è possibile.
Ma è solo un attimo, per Bartleby non c’è posto nella Wall Street dell’Ottocento e (forse) neanche oggi nella nostra società: non può quindi fare altro che continuare a insinuarsi nei nostri pensieri e a interrogare le nostre coscienze.
Recensione di Laura Vetralla
BARTLEBY LO SCRIVANO Herman Melville
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