BENEDIZIONE, di Kent Haruf (NNE)
Ultimo capitolo della trilogia della pianura. Letteralmente divorata. La cominci a leggere per curiosità, e poi ti prende, non ha importanza se vai a lavoro, se devi mangiare, se ti chiamano per uscire la sera. L’unica cosa a cui pensi è: LO DEVO FINIRE, devo sapere.
E così una volta completata, è vero, ti senti orfano. Senti che non ti basta più, vuoi sapere ancora, di più.
Benedizione è la storia di un uomo malato e del suo ultimo consapevole periodo di vita, dei suoi rimorsi, delle sue speranze svanite. Ma è anche la storia di sua figlia Lorraine, donna distrutta dalla morte della figlia che in qualche modo cerca di ricostruirsi, delle signore Johnson madre e figlia, sole, grandi e ormai tristi e della piccola Alice arrivata davvero come una benedizione nelle loro vite a darne in qualche modo un senso, un senso di vita in mezzo a tutti quei respiri di morte.
E così l’acquisto di una bici o un bagno in un abbeveratoio in uno splendido pomeriggio d’estate diventano divertimenti straordinari. Si dà e si riceve, a volte di più, a volte in egual misura. Haruf affronta con estrema delicatezza il tema della morte, ogni cosa ha un suo significato. La pioggia è al tempo stesso per un agricoltore dannazione e benedizione.
Come può esserlo perdere il posto di pastore nella piccola chiesa della città, ritrovare il sapore della libertà di pensiero al di là di tutto, contro tutti, anche contro la propria famiglia. O un figlio contro un padre che sarà la sua stessa salvezza.
Non perdono una sola cosa ad Haruf. Non avermi fatto sapere più nulla del gigante buono, solo poche righe per congedare il personaggio a cui mi ero affezionata di più.
E se col primo avevamo un suono uniforme, leggero, e con il secondo una sinfonia qui si sente il rumore dei pensieri che gocciolano,
goccia
dopo goccia
dopo goccia.
Recensione di Luciana Galluccio
BENEDIZIONE Kent Haruf
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