BOCCA DI STREGA Sacha Naspini

BOCCA DI STREGA, di Sacha Naspini  (E/O -agosto 2024)

Ho letto tutti i romanzi di Sacha Naspini: alcuni mi sono piaciuti moltissimo, soprattutto quelli ambientati nei luoghi della Toscana che l’autore conosce bene e di cui rivela sempre, fatta salva la necessità di amplificare certi eventi per renderli narrativamente più incisivi, qualche scomoda e oscura verità. Non potevo non leggere dunque “Bocca di strega”, che descrive una Val di Cornia degli anni ’70 a cui personalmente non avevo mai pensato in certi termini, ma che forse non si discosta poi tanto dal vero.

Negli anni ’70 ero una bambina e un operaio che abitava nel nostro palazzo, anzi, nel nostro stesso pianerottolo, a detta di molti era un tombarolo. I miei erano venuti ad abitare in Val di Cornia da pochi anni e avevano raccolto il pettegolezzo con sbigottita curiosità, sussurrandolo a fior di labbra come avevano sentito fare. Chiesi cosa fosse un tombarolo e mi fu spiegato: quello che faceva era illegale e pericoloso, ma nella voce degli adulti che ne parlavano non colsi una chiara condanna o una marcata riprovazione, come se in fondo quello che faceva non fosse del tutto sbagliato.

 

 

Ecco, Bocca di strega mi ha riportato alla memoria quella sensazione: è giusto che una ricchezza di quel tipo finisca nelle mani dello Stato, che la stipa in magazzini ammuffiti esponendo solo qualche pezzo nelle teche impolverate di musei che quasi nessuno va a visitare? È così sbagliato se alcuni uomini comuni dalla doppia vita (padri di famiglia, operai, artigiani, ristoratori) ne approfittano per dare una svolta al loro destino e a quello delle loro famiglie? In fondo non è poi così difficile trovare le tombe, abbandonate sotto gli arbusti che da tempo ammantano il promontorio.

 

Certo gli archeologi sono di tutt’altro avviso (e la Guardia di Finanza pure), ma anche questa volta Naspini ha saputo frugare negli armadi di una piccola comunità portando alla luce scheletri di cui non si è mai avuto il coraggio di parlare abbastanza, confrontando la Storia con le tante, piccole storie di persone comuni che di fronte a un’opportunità di facile guadagno si sono dette perché no? Perché di quei tesori non avrebbe dovuto beneficiarne, più o meno direttamente, l’intera comunità?

Nella fantasia di Naspini il traffico di reperti etruschi che dalla Maremma viaggia fino a Roma e poi in California, destinato alle collezioni private di miliardari di mezzo mondo, finisce col portare allo scontro fra bande e si intreccia con una storia d’amore e di tradimento che d’un tratto fa cambiare marcia al romanzo, dandogli quasi il ritmo di un thriller. Una storia che mi ha sorpresa, divertita e appassionata e la cui lettura consiglio a tutti; a chi vive in Val di Cornia, ovviamente, di più

 

Recensione di Cristina Quochi

 

 

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