CAMILLERI paga i debiti (letterari) – RICCARDINO e le altre storie di MONTALBANO

Camilleri Riccardino Montalbano

“RICCARDINO” e le altre storie di MONTALBANO, di Andrea Camilleri

 

Camilleri Riccardino Montalbano

 

 

Riccardino A. Camilleri
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“RICCARDINO” è l’ultimo rettangolino in basso a destra. Così l’aveva collocato idealmente, una quindicina di anni prima della sua morte, l’Autore, che in quella prima stesura si presentava con il proprio cognome, sostituito da questo denominativo con la A maiuscola nell’edizione apparsa in questi giorni. La ragione di tale cambiamento è molto precisa. Questione di debiti. In senso letterario, ovviamente.

 

 

Ebbene sì, la fine della saga ce l’eravamo immaginata un po’ tutti, sforzandoci di ipotizzare quello che sarebbe stato l’addio del celebre commissario. Non credo ci abbia azzeccato nessuno. La genialità non può essere ovvia o prevedibile. Qualche anticipazione l’autore (a noi è concessa solo la “a” minuscola), messo alle strette da intraprendenti intervistatori, se l’era fatta sfuggire da tempo. Si sapeva già, quindi, dell’intervento dello scrittore nel tessuto del racconto. E questo era il primo debito saldato, quello più antico, nei confronti del metateatro, di Plauto e, molto dopo, con un respiro molto più ampio e complesso, del conterraneo Pirandello. Quest’ultimo, in realtà, mette i suoi sei personaggi alla ricerca di un fintamente modesto autore con la “a” minuscola, ma il riferimento di Camilleri al suo illustre predecessore lo porta a una deferente iniziale maiuscola.

 

 

Poi c’è un secondo debito. È nei confronti di Leonardo Sciascia, a cui Camilleri anche nei romanzi storici deve già moltissimo. Circa questo saldo non voglio essere più preciso, per non entrare nel vivo della trama. ma basterà dire che è anch’esso molto evidente, e mi fermo.

Infine, tuttavia, c’è ancora un altro debito, molto più sottile, e anch’esso viene pagato, benché in maniera decisamente tecnica. Riguarda il glorioso quanto onnipresente Manzoni. Tra la famosa “ventisettana”, l’edizione dei “Promessi Sposi” del 1827, e la “quarantana”, quella definitiva del 1840-42, successiva agli oggi certamente consunti “panni sciacquati in Arno”, le differenze riguardano non la struttura del romanzo, bensì la lingua adoperata, raffinata da un attento lavoro di revisione. Un lavoro che si comprende perfettamente grazie all’edizione interlineare del romanzo, pubblicata da Einaudi negli anni Settanta del secolo scorso.

 

 

È un destino che attende, fra non molto, anche l’ormai classico Camilleri, quando si beccherà pure lui la qualifica di “autore scolastico”. E per lui che, anche se diceva di “catafuttirsene”, non credo apprezzasse la catalogazione come “autore di genere”, o “minore” tout court, l’edizione scolastica interlineare di queste due versioni di “Riccardino”, magari con note a piè pagina, per non parlare degli odiosissimi questionari di fine capitolo, sarà una rivincita postuma meritata, ma forse non gradita al cento per cento…

Recensione di Pasquale Vergara

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