CAMINITO. Un aprile del commissario Ricciardi, di Maurizio De Giovanni (Einaudi – novembre 2022)
Recensione 1
Quanto mi era mancato questo commissario malinconico che, dopo un attimo di grande felicità con la sua Enrica, abbiamo lasciato un paio di anni fa profondamente addolorato per la sua morte ed angosciato per il futuro della figlioletta Marta! Ed adesso lo ritroviamo ancora pieno di dolore che parla con la moglie morta, cercando il sostegno per affrontare la vita, che adesso è dedicata in primis alla sua bimba, che ha ormai cinque anni, e poi al lavoro dove tenta di coniugare il suo profondo senso di giustizia con le insidie che il regime fascista mette in campo sempre più, costringendo le persone a non esporsi troppo per non cadere vittime di agguati, aggressioni o per non finire in prigione o sparire senza che nessuno ne sappia niente.
Perché Ricciardi è doppiamente preoccupato, nonostante la rete di solidarietà e di aiuto posta intorno a lui ed alla figlioletta, costituita da Nelide, la sua fidata governante, scorbutica ma sempre presente a proteggerli ed a prendersi cura di loro, e dalla contessa di Roccaspina, Bianca, che si occupa della educazione della bimba con grande gioia ed affetto; infatti ancora non sa se la piccola ha ereditato la sua capacità di vedere e di sentire i morti, la dannazione che lui ha ereditato dalla madre e che spera di non aver trasmesso alla figlia, e poi teme che le sue indagini possano metterlo in una posizione di pericolo nei confronti dei fascisti sempre pronti alla delazione ed a colpire chi non è allineato alle loro idee.
E così affronta con rinnovato timore l’indagine sulla morte di due giovani avvenuta in un giardino mentre facevano l’amore perché sembra un agguato fatto da una squadraccia fascista. E ne viene fuori una storia complicata e piena di sorprese ed inganni che comunque Ricciardi riuscirà a districare con il consueto impegno.
Ritroviamo qui tutti i personaggi che abbiamo imparato ad amare ed apprezzare, da Maione a Bambinella.
Ed allora che c’entra il Caminito che dà il titolo al libro? Una storia di amore e tango, di stradine per innamorati, di tristezza e speranza, che ancora una volta De Giovanni ci racconta facendoci commuovere con il suo modo particolare di toccare le corde più profonde dell’animo umano.
Recensione di Ale Fortebraccio
Recensione 2
Ricciardi è tornato e non poteva che essere un grande ritorno!
Sono passati cinque anni da quando la sua vita è stata stravolta da un lutto inaspettato quanto ingiusto e, come si sa, la vita prosegue, nonostante tutto. La figlia Marta cresce bene, sotto l’occhio vigile di Nelide e sotto l’ala protettrice di Bianca. Ricciardi, tuttavia, è preoccupato, non sa ancora se la piccola abbia ereditato o meno la sua condanna, deve scoprirlo e deve farlo al più presto.
E’ il 1939 e la situazione politica comincia a farsi sempre più difficile. In un aprile, solo all’apparenza sereno, due giovani che si erano appartati in un giardino, vengono trovati barbaramente assassinati. Un delitto politico? Alcune circostanze porterebbero portare a pensarlo.
Un romanzo lieve, a tratti poetico, nonostante la serenità precaria che attraversa tutta la narrazione.
Un romanzo nel quale ognuno dei protagonisti porta la sua storia personale, creando un dedalo di storie nella storia.
La risoluzione del caso porterà con sé una scoperta amara, una vicenda che, nonostante la distanza nel tempo, nello spazio e nella cultura, non ha potuto fare a meno di richiamarmi alla memoria un fatto di cronaca dei nostri giorni.
Alla prossima storia Commissario e non ci faccia sentire troppo la sua mancanza!
Recensione di Paola Magalotti
Recensione 3
Il ritorno tanto atteso del commissario Ricciardi avviene nella Napoli del 1939, cinque anni dopo la nascita della figlia Marta. I venti che soffiano in questo aprile non sono brezze leggere ed anticipano anni bui per l’Italia. Le prospettive stanno cambiando, il fascismo si fa sempre più feroce e Ricciardi sta facendo i conti con le responsabilità di essere padre.
Sullo sfondo di un duplice atroce delitto si muovono i personaggi che da tanto tempo conosciamo e che si scontrano con nuove consapevolezze scandite sia da problemi personali che dal passo pesante che sta segnando la Storia. Il filo conduttore del racconto è la maternità declinata in tanti modi : madri che mancano, madri succubi di uomini violenti, donne che non sono madri ma è come se lo fossero… De Giovanni ricomincia a raccontare da qui, con la stessa immutata sensibilità e partecipazione..
E il Caminito è quel sentiero dei ricordi che, pur lacerante, va attraversato seguendo il ritmo dolente di una canzone. Bellissimo..
Recensione di Mariapia Peruzzi
CAMINITO. Un aprile del commissario Ricciardi, di Maurizio De Giovanni
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