CARE PRESENZE Sandra Petrignani

Durante il mese di agosto del 2002, la scrittrice Olga, diversi membri della sua famiglia e alcuni conoscenti, si ritrovano in una località lacustre, lontano dalla città e immersa nella natura.

Soggiornano in una grande casa che ha una torre vista lago magnifica e proprio in questo luogo ogni sera per farsi compagnia, ciascuno degli ospiti, un po’ per scherzo, un po’ per mettere nelle mani dell’altro le proprie capacità fantasiose iniziano a raccontarsi storie di fantasmi.

Questa modalità narrativa mi ha fatto venire in mente un analoga estate di tanto tempo prima a Villa Diodati in Svizzera, affacciata sul lago di Ginevra. Lì i poeti G. Byron e la sua amante, P. Shelley e la moglie Mary Wollstonecraft, trascorsero alcuni giorni raccontandosi storie paurose.

Ciò che di originale ho riscontrato in questo romanzo è il dualismo narrativo che lo caratterizza; lo scritto viaggia su due piani: uno è il racconto delle storie di spiriti rumorosi, impazienti, buoni, l’altro è quella sorta di diario che la padrona di casa, Olga, scrittrice e forse alter ego dell’autrice stessa, ci fa leggere quotidianamente. Le sue parole, le sue osservazioni e commenti sul quel gruppo eterogeneo di persone, tra cui figli, ex marito, governante, e sulle questioni della vita diventano lo spunto per riflessioni ispirate da quelle storie fantasiose e gotiche.

In un linguaggio capace di suscitare coinvolgimento emotivo, empatico e sensibile la scrittrice ci conduce con stupore in un universo, letteralmente, di racconti universali tra credenze popolari, rituali, folklore.

In una atmosfera sospesa tra terra e cielo, senza più riferimenti temporali, si vivono situazioni narrative in cui la cornice è la natura stessa, con il fruscio delle foglie, il soffio del vento tra i fili d’erba, lo sciabordio delle onde del lago che si infrangono sulla riva, ma anche il cielo blu della notte trapunta di stelle.

E allora, forse suggestionati dal quel profilo folkloristico, denso di rituali, credenze popolari se si ascolta veramente il silenzio si può davvero sentire la sfumata ed evanescente presenza di una entità tra uno scricchiolio di un mobile, su quella porta che si apre all’improvviso, su un’ombra fuggevole dietro un vetro.

Ma ciò ho apprezzato molto e che mi ha fatto molto riflettere è il valore e l’importanza del saper raccontare, l’arte del narrare che qui acquista un valore assoluto. Lo storytelling esplode in questo romanzo ed intriga in modo magnetico, come un incantesimo. In ogni narratore-personaggio c’è la magnifica capacità di comunicare e trasmettere in modo misterioso, da attrarre attenzione e creare il pathos giusto nel gruppo che ascolta stupito ed emozionato.

Vi lascio scoprire tanti altri aspetti sottotraccia di questo romanzo (e il finale stupefacente) che è anche un omaggio e un ricordo ad alcuni artisti tra pittori, musicisti, romanzieri che hanno reso grande la storia culturale a livello mondiale e verso cui l’autrice, forse, ha un debito di riconoscenza.

Un consiglio per chi leggerà questo libro: uno dei racconti è accompagnato da “Tristezze” di Chopin. Provate a metterlo come sottofondo durante la lettura e proverete, ve l’assicuro, un brivido alla schiena.

Buone letture a tutti!

Recensione di Elisabetta Baldini

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