CARRIE, di Stephen King
Carrie è un’ adolescente strana. Diversa dagli altri nell’abbigliamento, nei comportamenti, nel linguaggio. È il bersaglio dell’ironia dei compagni di scuola, che non fanno nulla per capirla. In realtà Carrie è una ragazza con una situazione familiare difficilissima, avendo una madre ossessiva e paranoica, che la offende moralmente e fisicamente. Scopre però di avere un grande potere che nessun altro ha. E che le permette di avere finalmente la sua rivincita.
Molti pensano che Stephen King sia un autore di libri horror, una letteratura secondaria e “di genere”. E, in effetti, spesso nei suoi racconti troviamo elementi spaventosi e soprannaturali. Ma è anche un fine osservatore dell’animo umano, di cui racconta i pensieri più nascosti e dolorosi. Questo è il suo romanzo d’esordio, pubblicato nel 1974, ed è caratterizzato dalla stessa sottile capacità di analisi dei suoi testi più conosciuti.
La storia è strutturata come il resoconto di un’indagine, e come tale è composta di parti narrative e testimonianze. Non segue quindi un ordine strettamente cronologico. Seguiamo la vita di Carrie partendo da un momento per lei devastante, che sarà il fattore scatenante per quelli che saranno gli eventi successivi. Torniamo indietro, alla sua infanzia difficile, senza un padre presente, e con una madre ossessionata dal peccato e dal fervore religioso. E di nuovo in avanti, in una scuola in cui è guardata con fastidio, derisa e non capita.
Il grandioso finale ci mostra una Carrie potente e vendicativa, un essere dal sapore demoniaco, per nulla umano. Ma insieme alla sua follia, l’autore ci mostra tutto il dolore accumulato in tanti anni di soprusi, e, con mia grande meraviglia, mi sono trovata a provare pietà per questa ragazza, che il mondo non ha saputo accogliere ed accettare.
Recensione di Nella Patanè
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