C’ERA DUE VOLTE, di Franck Thilliez (Fazi)
Franck Thilliez è ritenuto uno dei migliori scrittori di thriller francesi e la lettura di questo romanzo – il primo per me – mi ha confermato tale definizione: si tratta di un romanzo adrenalinico, con una trama ingegnosa e sconvolgente, caratterizzata da un finale spiazzante e da tochi di splatter che mi hanno fatto stringere lo stomaco.
Gabriel Moscato è un tenente in servizio presso un paesino di montagna, Sagas, con un matrimonio in difficoltà ed una figlia adolescente: nel 2008 la ragazzina sparisce e con l’aiuto delle forze dell’ordine locali Moscato si mette alla ricerca disperata. Ma ecco che una mattina si sveglia invecchiato di dodici anni (non è uno spoiler perché avviene a poche pagine dall’inizio), il mondo intorno a lui è totalmente cambiato ma la figlia è ancora scomparsa. Inizia così nuovamente la ricerca, con l’aiuto di Paul, suo ex-collega ed amico, fino a scoprire uno scenario sconvolgente.
Ne consiglio la lettura a chi ama l’enigmistica, i giochi di specchi e di parole: un romanzo che lascia assolutamente spiazzati…
Dice la traduttrice Federica Angelini: “Tradurlo è stato divertente, appassionante, intrigante e sfidante come e forse più di quanto già non lo sia stato tradurre Il manoscritto. Di nuovo troviamo una la lingua che parla di memoria e ricordi, identità, stanchezze esistenziali. Poi la scoperta: quello che pensavamo realtà è forse fiction. O viceversa. Il gioco di parole, il calembour, torna protagonista senza mai fare ombra a una trama da togliere il fiato, ma anzi ne diventa in qualche modo l’ordito. Tornano in scena i palindromi, ossessione linguistica che sta a dire altro, e crea un gioco di specchi tra romanzi, personaggi, tra lo scrittore e il lettore. L’anagramma contiene in sé una realtà da scoprire, mistero nel mistero. Tradurre anagrammi è di per sé una sfida impervia, molto più di un semplice rompicapo. Vanno ricostruiti nomi e suoni, va resa una credibilità fonetica e culturale, si è costretti a interrogarsi su dilemmi linguistici che da sempre accompagnano chi ha la fortuna di esercitare questo mestiere.
E ancora una volta, lo scrittore francese mette in questo mix l’elemento della scrittura stessa, il suo ruolo, la potenza e la forza dell’arte senza mai diventare elitario o didascalico, non teme di citare i mostri sacri dell’arte e del genere per sfidare il lettore su ogni piano possibile: logico, culturale, psicologico. Il suo è un intrattenimento autentico, che assorbe fino in fondo e ci riempie di meraviglia.”
Citando la sinossi su internet, aggiungo che “Una chicca per i lettori che hanno amato Il manoscritto: ritroverete in C’era due volte una vecchia conoscenza, che tornerà a fare capolino in queste pagine creando uno stupefacente gioco di specchi fra i due romanzi.” Non posso dare un parere in merito dato che questo è il primo romanzo che leggo di Thilliez ma attendo il vs parere in merito.
Recensione di Giulia Quinti
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