CI VEDIAMO PER UN CAFFÈ, di Toshikazu Kawaguchi (Garzanti)
Sbirciavo tra gli scaffali della Giunti, a Formia, che frequento poco a dire il vero, perché prediligo la ricerca su bancarella di piccoli capolavori abbandonati, quando fui attratta da questo titolo.
Essendone un’accanita degustatrice, mi ritrovai a pensare alle tante volte in cui il caffé diventa abusato sinonimo di mancate occasioni.
Dalle amiche del cuore allo stimato collega trasferito, un susseguirsi di incontri rimandati, di vane promesse di “due chiacchiere” da incastrare in un calendario già stracolmo d’impegni.
Decisi che quel caffé in formato cartaceo meritava un assaggio e, poco dopo, mi ritrovai a passeggiare con uno scontrino tra le mani e il libro in borsa.
Sono sempre stata convinta che un buon testo sia un potente lenitivo dell’anima e che ci sia un filo sottile, una sorta di energia invisibile, che attrae verso il libro più adatto alle risposte di cui si ha bisogno; un biglietto per un viaggio verso nuove consapevolezze, insomma.
E anche questa volta è stato così.
Il viaggio, attraverso un linguaggio semplice e uno stile scorrevole, conduce ad un luogo speciale: il tavolino di un bar in cui è possibile, nel tempo di un caffé, tornare indietro nel proprio vissuto, rivivendo un incontro, una situazione, senza poter modificare il corso degli eventi.
E a che serve un tale tuffo nel passato?
Le storie sono diverse ma ognuno dei personaggi ha l’occasione di replicare il momento in cui avrebbe potuto agire diversamente, dare una risposta migliore…
Al lettore attento, questo “caffé” lascia l’aroma intenso di una riflessione: si può dare un senso agli errori e scegliere di trarre da essi lezioni di felicità.
Lo consiglio.
Recensione di Angelica Prisco
FINCHÈ IL CAFFÈ È CALDO – Toshikazu Kawaguchi
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