COME DIO COMANDA, di Niccolò Ammaniti (Einaudi)
Dopo alcune letture impegnative, è bello darsi ad autori che sanno esporre “forma e contenuti”, conciliando il piacere della lettura con temi ed argomenti che stimolano la riflessione, lasciando una buona traccia di sé. Uno di questi autori, per me, è Niccolò Ammaniti i cui libri non sono solo calligrafica letteratura, ma parlano di fatti reali, personaggi veri e situazioni quotidiane di cui tutti potremmo essere protagonisti. Nei suoi libri troviamo sempre bambini e ragazzi, come in “Io e te”, “Io non ho paura” ed in questo “Come Dio comanda” il cui il protagonista è un ragazzino di terza media, di tredici anni, che vive in un mondo di adulti emarginati socialmente ed economicamente.
Questa è una storia di ordinaria alienazione di provincia metropolitana, ambientata in un territorio fortemente antropizzato con autostrade e cavalcavia, file di capannoni industriali, un mega-centro commerciale (in cui si vende di tutto, ma non ha una libreria!), fiumi e torrenti che esondano, in un opulento, pigro paesone di pianura, con villette unifamiliari di commercianti e piccoli imprenditori arricchiti e case fatiscenti, come quella di Rino, il padre, e Cristiano Zena, il figlio protagonista.
Una bella, piacevole lettura in cui il racconto scorre senza lunghe digressioni, né oziose descrizioni. Interessante un quasi calco di alcune scene del film di Totò “La banda degli imbroglioni” (pagg 61-62); attuale la polemica strumentale sui lavoratori stranieri, sfruttati da cinici, avidi padroni, che rubano il lavoro agli Italiani, spingendoli ai margini della società (pagg. 74-82); realistica la descrizione del furgone Ducato che avanza tra le pozzanghere (pag. 91); condivisibile, ma scontata, la polemica contro la televisione ed il suo tentativo di omologazione delle menti (pagg. 109-110), al proposito l’Autore confonde tra televisione e televisore (pag. 419); grottesca, ironica la scena di sesso a pag. 292 tra Beppe Trecca e Ida Lo Vino la cui relazione è ininfluente ai fini della storia; piacevoli alcune trovate ed uscite umoristiche. In tutto questo mi è parso retorico il pregiudizio dei professori verso gli alunni difficili e meno brillanti (pag 68), né mi è piaciuta( senza voler essere falsamente puritano e bacchettone) e infastidisce la gratuita e ricorrente volgarità di parole ed espressioni, evitabilissime dicendo le stesse cose.
A pag. 50 mancano alcune sillabe nell’andare a capo, un banale “roba così” (pag. 72), un orribile ” non esisteva” (pag. 135), “passargli”, riferito a ragazze (pag. 143), un troppo evidente spot propagandistico ad una marca di prodotti di igiene e l’inizio da pagina 183 della abusata tecnica cinematografica, presa dai thriller, di stacchi da una scena all’altra sono “perle” che rendono un pessimo servizio al romanzo ed al suo Autore e depongono male verso l’Editore.
Nonostante questi rilievi, nonostante il finale del racconto sia quasi sospeso (non è certo come lo si sarebbe ipotizzato), questa storia di vita reale, più probabile di quanto si penserebbe, a volte ignorata, a volte troppo sotto i riflettori della cronaca nera e dei salotti televisivi pomeridiani, a fine lettura non lascia indifferenti, ma pone domande e costringe il lettore a riflessioni, lasciando una lieve, costruttiva inquietudine.
In me la ha prodotta.
Recensione di Antonio Rondinelli
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