Comma 22 (Catch-22), di Joseph Heller
Quando ho iniziato a leggere Catch 22, mi è stato sin da subito chiaro che sarei andata fino in fondo e perché. Il libro ci presenta la guerra per quella che è, una tragica farsa, in cui i più fanatici, i colonnelli e i generali, ritratti con tutte le loro manie, ossessioni e debolezze, sono coloro che cercano (vana) gloria per se stessi rischiando il meno possibile di persona, mentre il protagonista, che è l’unica persona normale, appare completamente folle agli occhi di tutti gli altri.
In effetti, la follia del giovane capitano dell’aeronautica militare Yossarian è quella di rifiutarsi di credere in qualcosa di così assurdo come il tentare di uccidere degli sconosciuti in nome della sua nazione e, parimenti, la sua unica preoccupazione è quella di non finire a sua volta ucciso da uno sconosciuto, preoccupazione che innescherà tutta la serie di rocamboleschi espedienti che costituiscono la spina dorsale del romanzo.
Il più grande desiderio del protagonista è, infatti, quello di trovare il modo per sottrarsi al ciclo infinito di combattimenti aerei, il cui esito è affidato solo alla fortuna e al coraggio di ragazzini costretti a lanciare ordigni letali da precarie macchine di morte alate, che diventano bersagli della controffensiva in un cielo infuocato.
I suoi meschini superiori faranno di tutto per costringerlo a decollare ancora una o cinque volte, ben oltre il numero prestabilito di missioni.
Questo crudele e infantile abuso di potere da parte dei colonnelli passerà totalmente inosservato dai generali, indifferenti alla vita o alla morte dei giovani soldati, semplici nomi in un elenco. Per noi lettori, invece, quei semplici nomi diventano persone di familiare, variegata, terrorizzata umanità.
Lo stile del romanzo è ispirato ad altri capolavori del genere distopico, come il capostipite “I viaggi di Gulliver” del grandissimo Jonathan Swift, in cui al povero Lemuel tocca sentirsi fuori luogo in ogni dove, totalmente spiazzato davanti alle aberrazioni scambiate dagli assuefatti per normalità.
Come il suo illustre predecessore (troppo spesso scambiato per una favola per bambini), Catch 22 è ricco di situazioni e passaggi paradossali, volti allo smascheramento dei luoghi comuni, allo straniamento terapeutico. Le solite frasi fatte che usiamo nel quotidiano risuonano assurde sullo sfondo della seconda guerra mondiale e, allo stesso modo, le situazioni più banali appaiono assolutamente grottesche.
L’isola di Pianosa, setting principale del romanzo, diventa un non-luogo, o un ogni-luogo, scenario ideale per il claustrofobico senso di panico e l’invincibile noia, entrambi mortali, che tormentano i suoi temporanei abitanti, disorientati giganti americani tra bizzarri o saggi lillipuziani italiani.
Joseph Heller fa parte di quella non nutrita schiera di autori che hanno presentato la realtà da un punto di vista inedito. Nelle loro opere, alla sferzante ironia dei visionari inascoltati fanno da contraltare incursioni di lancinante chiarezza e lucidità negli angoli più oscuri dell’animo umano con le sue miserie e nobiltà prevedibilissime o inattese.
Questo libro esprime il furore e lo scandalo di chi ha dovuto combattere la guerra, fingendo di voler fare ridere. Una disperata dichiarazione d’amore per l’umanità irredimibile. Attualissimo.
Recensione di Valeria Lo Monaco
Comma 22 (Catch-22) Joseph Heller
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