CRONACHE DEL MAL D’AMORE: L’amore molesto – I giorni dell’abbandono – La figlia oscura, di Elena Ferrante
L’AMORE MOLESTO
Primo romanzo scritto dalla Ferrante.
Secondo per me, dopo “La figlia oscura”.
Ho ritrovato una voce femminile coraggiosa, decisamente scomoda, capace di risultare intima ed indecente allo stesso tempo.
La Ferrante mette a nudo i pensieri di donne che non si vergognano di essere irrisolte, egoiste, per molti aspetti “sbagliate”, sempre in lotta con il proprio passato e la propria educazione.
Pensieri veri, senza abbellimenti.
In questo romanzo ci racconta di Amalia e Delia, di un rapporto madre/figlia molto tormentato, fatto di amore e repulsione, e di bugie.
“L’infanzia è una fabbrica di menzogne che durano all’imperfetto: la mia almeno era stata così”.
Ci racconta di una madre morta annegata, e di una figlia che cerca di elaborare ciò che è successo quasi 40 anni prima, cercando di capire perché non sia mai riuscita a far convivere nella stessa persona la donna ambigua, seducente e sfrontata che credeva essere sua madre, con la donna che era realmente, ovvero succube e vittima delle violenze di un marito ossessivo e ossessionato dalla gelosia quale era suo padre.
Sente che Amalia è sempre stata dentro di lei, e che tutto quello che lei ha fatto, è sempre stato nient’altro che la proiezione di ciò che sua madre era ai suoi occhi, ciò che lei pensava sua madre facesse di nascosto.
Voleva essere lei.
Ed ha pagato caro sulla sua pelle di bambina questa immedesimazione.
La amava smisuratamente e smisuratamente la odiava.
…”perche mi aveva lasciata nel mondo a giocare da sola con le parole della menzogna, senza misura, senza verità.”
La Ferrante scava quasi con crudeltà nell’intimo delle sue protagoniste, non le protegge, non le condanna e non le assolve.
Ce le consegna così come sono, nude e senza indulgenza alcuna.
Allo stesso modo ci consegna una Napoli grigia e soffocante, una Napoli volgare e caotica…oscena, come osceni sono gli uomini che si strusciano sulle donne nei bus affollati.
Una città da cui scappare.
Questo è un libro ostico, che disturba…per nulla immediato, né accattivante, non cerca il facile consenso del lettore, anzi.
È un romanzo molesto, in tutti i sensi.
Ma bello, molto.
Recensione di Antonella Russi
I GIORNI DELL’ABBANDONO
Ho letto questo libro sull’onda del tanto parlare che di quest’autrice si fa.
Generalmente leggo classici: amo la prosa elegante e l’uso non casuale del linguaggio, soprattutto quando tutto ciò non esclude la levità della prosa stessa.
Il salto è stato brusco: il linguaggio è quello di tutti i giorni, con qualche sbandata nella volgarità (non dovuta ai termini usati bensì al loro ripetersi con compiacimento, col desiderio di colpire).
La storia è anch’essa di tutti i giorni: una donna alla soglia dei 40 anni viene mollata dal marito per una ventenne, l’autrice ci racconta il periodo immediatamente successivo al fatto.
Devo riconoscere che il lettore viene trascinato nella spirale di pensieri ossessivi e sempre uguali tipici di chi è stato lasciato, l’atmosfera è carica di angoscia.
Ma ho avuto la sensazione di guardare tutta la vicenda dal buco della serratura, non mi sono sentita coinvolta: Olga non mi va giù. Non ho mai condiviso i suoi pensieri: ha inanellato per tutto il libro i soliti pensieri di chi è abbandonato e non fa il minimo sforzo per capire i motivi dell’altro e ricercare le proprie responsabilità. Da dimenticare la serata col vicino di casa, mi ha dato nausea.
Insomma, non mi è piaciuto.
Recensione di Gabriella Calvi
LA FIGLIA OSCURA
Il mio primo approccio alla Ferrante ho voluto avvenisse con un romanzo non legato al clamore della famosa quadrilogia, per cercare di conoscere ciò che è stato prima, per cogliere quelli che sono gli elementi base del suo pensiero e della sua scrittura…senza farmi influenzare da tutta la bagarre che ruota intorno all’Amica geniale (sia in positivo che in negativo).
E ne sono rimasta affascinata.
Scrittura affilata e analitica, apparentemente distaccata…in realtà ti scava dentro.
Questo libro mi ha lasciato addosso un sottile strato d’inquietudine, l’ho trovato sfrontatamente sincero, scomodo.
Stati d’animo e pensieri di una donna (madre e moglie) che, generalmente, vengono taciuti, che fingiamo (mi ci metto dentro in quanto moglie e madre) di non aver mai provato, di non aver mai pensato e che, invece, sono legittimi, fanno parte di un percorso di crescita e maturazione (e ricerca di se stessi) spesso dissestato, con tutti i suoi alti e bassi, con le perdite di equilibrio, di senso, di direzione…
Un gesto senza senso, come sottrarre una bambola ad una bambina su una spiaggia, compiuto dalla protagonista, e a cui neanche lei riesce a dare una motivazione, ci darà la possibilità di sondare la sua personalità complessa, di donna che ha cercato a lungo se stessa…
…allontanandosi dalla sua città e famiglia natale prima, e dalle sue stesse figlie poi.
Rimanendo irrisolta.
Accettare la propria parte oscura, questo sembra volerci dire l’autrice…non avere timore di essere sbagliate, non soccombere sotto la pressione di ciò che è “giusto” fare, e poter arrivare a dire, un giorno:
“Sono morta, ma sto bene”.
Recensione di Antonella Russi
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