CUORE NERO Silvia Avallone

CUORE NERO, di Silvia Avallone (Rizzoli – gennaio 2024)

Recensione 1

Emilia è una donna che dopo aver scontato la sua pena deve imparare a vivere in un mondo che non intende perdonarla. Bruno è un sopravvissuto che non ha mai superato il trauma della morte dei suoi genitori. Quando si incontrano nel paesino sperduto in cui entrambi si sono rifugiati, si riconoscono senza sapere nulla l’uno dell’altra. Perché il dolore ci rende simili. E le loro solitudini si aggrappano e si annientano a vicenda.

Ma non esiste amore senza la verità. “Se ami una persona, non puoi prescindere da quello che è, ed è stata. Non puoi suddividerla in parti, scegliere solo quelle che ti fanno comodo. Devi accettarla intera”. Entrambi lo sanno, ma Emilia non vuole perdere l’unica persona che le sta mostrando un po’ di umanità. È vero, lei in passato non l’ha avuta, ma ha pagato per il suo crimine, non merita forse una seconda occasione? No, i mostri non la meritano, le dicono le persone che ancora oggi, ogni anno, organizzano fiaccolate per ricordare quello che ha commesso. E allora Emilia rimanda la verità finché può. E nel frattempo Bruno, che il male l’ha subito (non da lei), impara a conoscere la donna che è diventata. Perché Emilia non è più la ragazzina che ha compiuto quel gesto, ma gli altri vedono solo quello.

In “Cuore nero” Silvia Avallone scava sin dalla prima pagina nell’animo dei due protagonisti per consegnarci un romanzo che è anche una riflessione sul vero male e sulla nostra capacità di perdono. Ricordo di aver letto “Acciaio” anni fa, e mi era piaciuta la freschezza che deve avere una giovane esordiente. Ma qui siamo a un livello superiore. Qui c’è la profondità che ha solo una vera scrittrice. Qui c’è la costruzione di due personaggi a tutto tondo, coi loro pensieri, i loro turbamenti. C’è una scioltezza stilistica che evita di appesantire argomenti così importanti. C’è tutto quello che un ottimo romanzo deve avere per trascinarti nel mondo dei protagonisti e indurti a riflettere.

Recensione di Massimiliano Caruso

Recensione 2

Emilia e Bruno sono due solitudini che si incontrano in un deserto lunare fatto di pietra e silenzi. Due trentenni che in passato la vita ha ferito nella maniera più terribile, trasformando i loro cuori in buchi neri che hanno risucchiato tutta la loro adolescenza.

Così quando si incontrano, nella piccola frazione di Sassaia, un utero di pietra nel quale entrambi si sentono protetti, si illudono di poter finalmente ricominciare a vivere. Si scrutano, si amano, riconoscono l’uno il buco nero dell’ altro, senza avere il coraggio di guardarci dentro, anche se, per Bruno soprattutto, la tentazione è forte e lo spinge a chiedersi: si può amare qualcuno senza sapere chi è?

Il paese a cui la frazione di Sassaia appartiene si chiama Alma. Anima, in spagnolo, ma in realtà i suoi abitanti dimostrano di esserne privi, di anima, quando la diffidenza e il sospetto per la “foresta” divengono certezza e rifiuto, quando il loro giudizio le si rovescia addosso più implacabile del giudizio universale a cui sta lavorando da restauratrice, ricacciandola nel buco nero da dove, forse, sarebbe infine riemersa.

Il romanzo è ambientato in una località della montagna piemontese un tempo ricca di uomini e di attività produttive, ora vittima dello spopolamento, dove nel passato si bruciavano le streghe. Emilia potrebbe essere una di loro, con i suoi capelli rossi e la sua sfrontatezza, oppure Pippi Calzelunghe, con la sua risata ancora bambina e la sua indipendenza.

In queste pagine Silvia Avallone ci racconta due vite interrotte, congelate, fino a quando l’amore le illude di poter ottenere redenzione. Dell’importanza dei legami familiari e della solitudine che subentra quando questi si sfilacciano. Del deserto della solitudine, che fa più male di qualunque ferita, nessuna voce a ricordarti che sì, sei una persona anche tu. Dell’ amore rifiutato, capace di generare un desiderio di vendetta insaziabile. Di quanto sia difficile, forse impossibile, ricominciare da capo, quando anche chi dice di amarti non sa vedere oltre ai tuoi errori passati, quando il resto del mondo non può fare a meno di frugare nel passato ( ed ora con internet è ancora più facile) per sbattere in faccia ciò da cui ci si vorrebbe affrancare. Di vittime, che subiscono una punizione sempre maggiore dei carnefici, dalla quale non c’è riscatto. Del male, che fa paura, che allontaniamo per paura di contaminarci.

Un romanzo potente, duro, vero. Una lettura che cattura, come il buco nero del cuore di Emilia.

Recensione di Maria Teresa Petrone

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