“dalla polvere alla Cosa… attraverso Diana” Intervista a Barbara Ghedini

“dalla polvere alla Cosa… attraverso Diana” Intervista a Barbara Ghedini

 

Barbara Ghedini

 

Intervista 216

 

Quando un autore descrive i suoi personaggi, li immagina spesso in maniera molto precisa. Poi però quando dalle idee si passa alle parole scritte, può accadere che i personaggi non sono più così fedeli all’immagine che l’autore aveva di loro all’inizio. La Diana dei tuoi romanzi quanto assomiglia all’immagine di lei che avevi in testa quando hai cominciato a scrivere?

In verità all’inizio non riuscivo a trovare il personaggio principale per ‘Un’estate di polvere’. Sapevo che doveva essere molto forte, spiazzante e accattivante al tempo stesso, ma soprattutto non banale.

Poi mi sono resa conto che lo avevo già per le mani, abbozzato in un racconto intitolato ‘Per una manciata di caramelle’, dove una bambina senza nome indagava su un terribile delitto proprio nel quartiere Gardenia.

Diana bambina è esattamente come me la sono immaginata, curiosa, sfacciata e ficcanaso, piena di paure, ma anche dotata di un grande coraggio. Lo stesso vale per la giovane donna, anagraficamente adulta, ma ancora immatura, incosciente nell’affrontare i pericoli, con quella sicurezza in se stessa e presunzione tipiche della giovinezza e di chi cerca di affermarsi nella vita, nel lavoro e nei rapporti con gli altri.

 

 

Essendo tu un artista a tutto tondo, ti è mai capitato di voler disegnare la “Cosa”? E se sì, che forma le daresti?

Non ci ho mai pensato. La Cosa, lo dice il suo stesso nome, è un’entità indefinibile. Forse è un super potere da eroina dei fumetti, o un sesto senso estremamente sviluppato, oppure una forma di chiaroveggenza o magari semplicemente un’angelo custode. Ognuno può interpretarla a modo suo.

Per Diana per esempio è una gran scocciatura perché quando compare puntualmente arrivano i guai.

So però cosa farebbe Diana bambina. Prenderebbe un foglio bianco e  con una biro nera traccerebbe una spirale aggrovigliata, solo linee curve, nessuna retta, nessuno spigolo, un semplice, confuso scarabocchio.

 

 

Quanto c’è di Barbara nella tua Diana? In particolare, c’è di più nella Diana bambina o nella Diana donna?

Ammetto che c’è tanto di me in Diana, soprattutto in quella bambina. Ci sono la passione per i libri d’avventura e i pirati, le fughe dalla realtà attraverso la fantasia, l’amore per il disegno e per i biscotti, ci sono i ricordi legati a luoghi, animali e persone perdute, ma anche le paure, combattute e vinte, come quella per le cantine.

La Diana donna invece inizia  ad allontanarsi da me e a vivere una vita propria, tutta sua. Fa la fumettista di professione, abita da sola in uno scalcinato appartamento del centro storico e lavora con un gruppo di stravaganti colleghi. Questa è la vita di Diana Ferri, non la mia.

 

 

 

 

Entrambi i libri sono ambientati a Reggio Emilia: la Diana bambina vive e si muove nel quartiere Gardenia, mentre la Diana giovane donna “bazzica” i vicoli del centro storico. La scelta dei luoghi è dettata da esigenze particolari, oppure semplicemente da ricordi personali?

 

E’ più semplice descrivere luoghi conosciuti e soprattutto si riesce meglio a trasmetterne il ‘sapore’ a chi legge. Nel quartiere Gardenia sono cresciuta e i ricordi più intensi sono legati all’infanzia, mentre in centro storico ho lavorato per tanti anni girando in bicicletta attraverso vie e piazze come fa Diana con la sua Motobecane blu.

La scelta delle ambientazioni e degli anni, il 1976 e 1996, non sono casuali. Ho voluto ricordare a chi li ha vissuti e raccontare a chi è nato dopo alcuni luoghi perduti di Reggio, dalla fabbrica artigianale di pennelli alla vecchia legatoria, dal palazzo delle poste ai tanti locali frequentati dai giovani, ma anche i cinema e i ristoranti ormai da tempo scomparsi.

Dopo il quartiere e il centro storico racconterò la provincia, ovviamente quella che conosco meglio e mi è più cara.

 

 

Spesso tra i personaggi dei romanzi troviamo la figura del “saggio”. Nel caso caso di Diana è la nonna. Non sempre questi personaggi corrispondono a persone realmente esistite. Qualche volta l’autore li inventa di sana pianta. La nonna di Diana esiste? O è frutto di fantasia?

In verità le nonne sono due. La nonna materna del primo romanzo si ispira a una persona reale, ma è stata fortemente romanzata.

La nonna marchigiana di Diana invece è decisamente mia nonna, a cui per altro, ho dedicato il romanzo. Una persona veramente speciale, intelligente e acuta, nonché suocera eccezionale.

Quello che ho raccontato ne L’ora dello Spettro, dalle chiacchiere davanti alla doppia moka alla foto del carabiniere presentato come buon partito da sposare, dall’ aspetto fisico all’abbigliamento sempre ordinato ed elegante, dall’abilità con l’uncinetto all’incapacità di accostare i colori con gusto, ai vari aneddoti, è tutto assolutamente vero.

 

 

 

Per la scrittura di questi romanzi ci sono degli autori da cui hai tratto ispirazione?

Ci sono tanti autori italiani che ambientano le loro storie nelle città in cui vivono, anche in quelle piccole di provincia, di cui si sente meno parlare, Valerio Varesi a Parma, Paolo Regina a Ferrara, Luigi Guicciardi a Modena, ma l’elenco è lunghissimo.  Ambientare un giallo a Reggio Emilia è anche un modo per far conoscere la nostra città e la provincia a chi non è reggiano.

Per lo stile mi sono ispirata a Carlo Lucarelli, bravo nel creare la suspense e tenere il lettore inchiodato alle pagine con una scrittura sempre chiara e scorrevole.

Debbo però a Joe Lansdale, e ai suoi romanzi con protagonisti dei ragazzini, l’idea di utilizzare una investigatrice così giovane in Un’estate di polvere.

 

Se ti chiedessero di illustrare i tuoi libri, ci sarebbe prevalenza di ritratti o di paesaggi? Sarebbero molto particolareggiati o appena accennati?

Assolutamente di ritratti. Un broncio, un sorriso o una smorfia basterebbero a caratterizzare i tanti personaggi dei miei romanzi. Userei uno schizzo veloce a matita, molto più espressivo di un disegno perfetto nei minimi dettagli.

Un solo personaggio però ritrarrei sempre di spalle, coi suoi capelli lisci scuri che le ricadono sulle spalle. Vorrei lasciare il lettore libero di immaginarsi il viso di Diana come preferisce.

 

 

 

Quali consigli daresti a chi oggi si mettesse davanti a una pagina bianca pronto a scrivere il suo primo romanzo?

Affrontare una pagina bianca è il meno, perché è pronta ad accogliere la nostra fantasia. Penso che sia più importante il prima e il dopo.

Bisogna leggere tanto e imparare dagli altri autori. Imparare come si costruiscono le storie, come si tiene l’attenzione del lettore e come ci si documenta, soprattutto se si scrivono gialli, in particolar modo se si tratta di gialli storici.

Io consiglio di partire dai racconti che sono una eccezionale palestra, permettono di imparare tantissimo e si possono inviare a concorsi letterari avendo in breve tempo un riscontro.

Chi ha già una storia più articolata e lunga in mente e la vuole inviare a un editore, deve leggerla e rileggerla e cercare gli errori, perché ci sono sempre, di  qualsiasi tipo.

 

Quando tornerà a farci compagnia Diana?

Se tutto va bene Diana dovrebbe tornare nel 2025 con una storia e un’ambientazione ancora diversa. L’abbiamo conosciuta bambina, poi giovane donna, ma è venuto anche per lei il momento di crescere. Nella prossima avventura imparerà a cavarsela da sola conducendo una vera e propria indagine, per salvare una persona in pericolo, ma anche se stessa.

Dopotutto cacciatori non si nasce, si diventa.

 

Di questi tempi i social sono “luoghi” molto più affollati delle piazze. Tu cosa ne dici? E’ una dimensione che ti appartiene e padroneggi? E ti piace?

In questo momento i social sono l’unico mezzo che permette ai piccoli autori di farsi conoscere, di pubblicizzare i propri romanzi e di mostrare quello che fanno, concorsi, presentazioni e firmacopie.

Ovviamente anch’io uso Facebook, ma preferisco di gran lunga Instagram che è più legato all’immagine e a contenuti sintetici. Lo utilizzano molto fotografi, fumettisti e illustratori perché è una sorta di curriculum e un ottimo biglietto da visita. Aprendo un profilo si visualizza immediatamente tutto il percorso di un di un artista, ma anche di un autore, e la sua evoluzione nel tempo.

Sui social si trovano anche  piccoli editori, librerie e biblioteche con i loro consigli di lettura e tanti blogger appassionati con le loro recensioni. Gli stessi lettori si sentono più vicini agli autori che amano e partecipi di questo mondo.

 

Intervista di Rita Annecchino

 

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