DALLO SCUDETTO AD AUSCHWITZ. Storia di Àrpàd Weisz, allenatore ebreo, di Matteo Marani
Il 16 febbraio dell’anno 1938 fu scritta l’informativa n°14, conosciuta come il documento “zero” dell’antisemitismo italiano per la sua ambiguità.
L’informativa recitava ” Il governo fascista non ha mai pensato, né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali contrarie agli ebrei in quanto tali, eccettuato beninteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al regime”.
Nel settembre 1938 l’Italia indossò definitivamente l’abito razzista, decidendo l’amaro destino di un popolo .
In una Italia che sognava in grande, ma viveva di grandi arretratezze, molti italiani aderirono al regime fascista, e in cambio di piccoli favori, contribuirono all’isolamento, alla segregazione e al rastrellamento di compagni, colleghi, vicini di casa.
Fu in questo clima di sospetto, odio e paura, che inizia la discesa agli inferi dell’Allenatore e di tutta la sua famiglia.
Su l’allenantore Weisz ci sarebbe molto da dire, partendo dal suo primo capolavoro, lo scudetto vinto alla guida dell’Inter nella stagione 29-30, nella prima edizione della serie A di calcio per come la conosciamo oggi; al suo essere talent scout: fu lui a scoprire il giovanissimo diciassettenne Giuseppe Meazza; alle sue vittorie, vincendo o facendo vincere scudetti, fino alla proclamazione nel ’36-’37 del Bologna campione d’Italia.
Sullo sfondo della storia di questo grande allenatore, di queste grandi vittorie, c’è la storia dell’uomo, della sua famiglia: una moglie Elena e due figli, Roberto 12 anni e Clara 8 anni.
Non è semplice far emergere il carattere, le emozioni i sentimenti di quest’uomo.
Ci prova il giornalista sportivo Marani, che ha cercato, inseguito, ed infine ricostruito, la vita dell’ uomo attraverso i documenti, le fotografie, prime pagine di giornali e corrispondenza varia.
Il tratto dominante della vita di Weisz è quella di un uomo che nasconde le sue angosce e le sue paure buttandosi a capofitto nel lavoro…
Nel campo di calcio vede l’ultima oasi di una vita che lo stringe in una morsa di restrizioni, umiliazioni, fino all’ultimo fatale triplice fischio finale.
Quello che Marani ha fatto è stato inseguire un fantasma, cancellato dalle pagine della storia, per farlo conoscere.
Quello che noi lettori possiamo fare è rendere ai Weisz il posto e i meriti che spettano loro nella memoria collettiva.
Recensione di Cristina Marescotti
DALLO SCUDETTO AD AUSCHWITZ. Storia di Àrpàd Weisz, allenatore ebreo Matteo Marani
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