DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI, di Jorge Amado
Recensione1
Incoraggiata da alcune recensioni positive, ho vinto la mia reticenza verso gli autori sudamericani e mi sono convinta a leggere DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI di Jeorge Amado.
L’ho scelto perché ero in un periodo di eccessivo stress e mi serviva esclusivamente una lettura leggera e divertente, ma anche perché ero incuriosita da questo famoso libro di cui, anni fa, avevo cercato di vedere, a più riprese, il film tratto da esso.
La protagonista principale è Floripedes, detta Flor, una bellissima donna, che, giovanissima, s’innamora, corrisposta, dell’irresistibile e spiantato rubacuori, Vadinho.
La prima parte del romanzo è, infatti, la narrazione (umoristica) della loro storia: dal primo incontro al matrimonio – osteggiato dalla madre di lei, dona Rozilda -, fino alla morte accidentale di lui, durante uno dei giorni più celebrativi del carnevale brasiliano.
La vicenda, di fatti, si svolge a Bahia e Vadinho, incallito giocatore d’azzardo, indefesso rubacuori e ballerino eccezionale, cade stecchito ai piedi dell’ennesima bella da conquistare, per insospettati eccessi a cui aveva sottoposto il suo fisico, nonostante i suoi soli 31 anni.
Le parti che seguono riguardano le vicende di Flor, giovane e ingenua vedova, ma sensuale e bisognosa di affetto, quell’affetto pieno di contraddizioni del pur amato Vadinho. Fino al nuovo matrimonio col farmacista, dottor Teodoro, un uomo rispettabile e affettuoso, ma anche moderato e razionale, il quale, pur amando Flor e pur essendo intensamente attratto da lei, ha timore a lasciarsi andare, per un innato rispetto, verso la donna che è sua moglie, di fronte a cui ritiene giusto smorzare la sua passione.
Flor, dal canto suo, vittima della sua stessa sensualità, non può fare a meno di confrontare e quindi di invocare quel birbante di Vadinho…
Anche se lungo il corso del romanzo vengono narrate, grosso modo, le vicende di Flor, Vadinho e Teodoro, l’altra principale co-protagonista è Bahia: Amado, infatti, descrive approfonditamente la vita bahiana con i suoi paesaggi geografici e le varie sfaccettature umane interpretate da personaggi al limite dell’assurdo in cui ho ritrovato anche molta Italietta: i pettegolezzi, gli intrallazzi e gli imbrogli impersonificati da personaggi come dona Rozilda, dona Norma, sor Zé Sampaio, Mirandao, dona Èmina e tanti altri, fanno tutti parte del minuzioso affresco brasiliano, che ha voluto trasmettere Amado in questa e nelle altre sue opere.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
Avevo iniziato a leggere il romanzo in febbraio e l’ho terminato tra maggio e giugno, non per il numero di pagine da cui è composto (614), ma per svariati motivi, tra cui, principalmente, gli incessanti impegni di lavoro e poi perché ho, sinceramente, fatto fatica, in più punti, a portarlo avanti.
In effetti, dopo un inizio scoppiettante, la lettura è diventata, a dir poco, soporifera. L’ho abbandonato e ripreso più volte, intercalandola con altri libri un po’ più accattivanti; finché non ho escogitato un piano parallelo: di giorno (quando avevo tempo) leggevo quello che preferivo e la sera, prima di dormire, leggevo Dona Flor, visto che conciliava il sonno meglio di un sedativo, qualunque fossero le vicende narrate nelle pagine a cui toccava la sorte di esser da me lette. In questo modo ho potuto portarlo a termine e apprezzarlo quel tanto che bastava.
Il mio giudizio perciò, su quest’opera di Jorge Amado, non è del tutto positiva: pur gradendo le situazioni paradossali e i personaggi assurdi, la lettura scorrevole e minuziosa della vita bahiana e dei i suoi folkloristici abitanti, non ho del tutto gradito l’eccessiva prolissità di Amado, in particolar modo, quando si soffermava sui pettegolezzi delle menti piccine di certi personaggi secondari.
È per questo che non mi sento di consigliare a tutti questo romanzo, a meno che non si ami visceralmente l’ambientazione e lo stile sudamericano.
Recensione di Lena Merlina
Recensione 2
Un viaggio a Salvator di Bahia, in Brasile.
Immersa in una fuliggine di sensualità, colori, sapori, fra il reale e il magico mondo di una terra abbagliata dal sole: raggi che inondano di pulviscolo ammaliante ogni angolo, ogni vicolo.
Così, in questa terra piccante, si muove Donna Flor, ancheggiando, sculettando, ansimando e sospirando schiava dei sensi, corpo lussurioso, materia vile.
Si muove fra i due mariti, dissoluto e focoso il primo, capace di trafiggerla e inondarla di stelle, e l’insipido ma rispettoso secondo, che le fornisce la patentata posizione sociale nel chiacchieratissimo quartiere delle comari dalla lingua lunga e dagli sguardi indagatori
Misteri, pregiudizi, magia, rituali fondoschiena e seni appetitosi.
In un amplesso collettivo, il sapore del peccato che attrae senza possibilità di scampo.
Una fiaba per adulti, ironica e carnevalesca al ritmo di samba e capoeira, miscelata nel calderone da maghi e stregoni africani, nel tintinnio delle fiches, innaffiata di cachaça e insaporita dall’intenso odore di acarajé , vatapà e moqueca, il tutto cucinato a regola d’ arte.
Brucia la carne, materia del piacere, nella suadente terra brasiliana, contraddittoria e tentatrice, dove neppure la morte cancella il sapore del proibito.
E soltanto in questo ammaliante “mondo” poteva narrarsi una storia cosi femminile, così sincera nel mettere a nudo l’anima e il corpo di ogni donna, nelle vesti della suadente Dona Flor.
Altro che principessa Walt Disney e/o Pretty Woman!
La narrazione, spesso risulta prolissa e ripetitiva, ma si può perdonare questo dilungarsi perché, in fondo, è lo spirito brasiliano che lo richiede…
“Tutto è accaduto come è stato narrato, chi non ci vuol credere non ci creda. È accaduto a Bahia, dove tali cose magiche avvengono senza causare meraviglia…”
Recensione di Patrizia Zara
DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI Jorge Amado
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