DONNE “CATTIVE” Liliana Madeo

DONNE “CATTIVE”, di Liliana Madeo (Miraggi – novembre 2023)

“Non eroine intemerate. Non vittime. Non controfigure di primattori. Non schegge impazzite mosse da impotenza o disagio del vivere. Ma donne con il gusto della provocazione, con un proprio progetto di vita, capaci di scelte radicali, di scelte a volte perverse a volte audacemente innovative. Persone cariche di valenze simboliche.”

Dal secondo dopoguerra agli anni ’90 l’Italia è cambiata moltissimo, nella cultura, nell’assetto socio-economico, nella mentalità e nei costumi, e le donne hanno spesso anticipato questi cambiamenti, soprattutto le donne “cattive”, incarnando i tabù dell’epoca in cui si trovavano a vivere.

Così, Rina Fort, rea dell’uccisione della moglie e dei figli del suo amante, nel 1946, rappresenta il “mostro” verso cui si canalizzano tutti i desideri di giustizia sommaria e violenza ancora presenti nell’immediato dopoguerra, “come per un oscuro rito di purificazione che esorcizzi il male”.

Giulia Occhini, la Dama Bianca del campione Fausto Coppi, nell’ Italia dei primi anni ’50, in cui l’abbraccio tra Stato e Chiesa è ancora stretto, rappresenta la donna che rinnega il modello (l’unico previsto) della moglie fedele e devota, e lascia marito e figli per seguire la passione amorosa.

Negli anni ’60 ha inizio una profonda trasformazione del Paese: il boom economico, la musica e i films inglesi e americani, i giovani che si prendono la scena e contestano i genitori, e la frattura, sempre più profonda, fra Chiesa e società. Ecco allora Franca Viola, che rifiuta di assoggettarsi alla violenza e al matrimonio riparatore, riscagliando con coraggio la colpa sul vero responsabile; ma già arriviamo ai primi ’70, inizia una congiuntura economica negativa, cresce il disagio, il bisogno di distruzione delle gerarchie, iniziano gli anni di sangue, e Anna Fallarino, moglie del ricchissimo marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, viene freddata a colpi di fucile nel bellissimo attico che si affaccia su Villa Borghese, insieme al suo giovane amante, dal marito, che subito dopo si suicida. Vengono ritrovati i diari del marchese, in cui l’uomo trascriveva dettagliatamente gli incontri erotici che organizzava, dietro pagamento, tra la moglie e ragazzi di varia estrazione sociale, il tutto accompagnato da centinaia di foto hard.

Quando poi la donna di uno di questi giovani amanti si era innamorata, il giocattolo si era rotto, il marchese aveva perso la testa e dunque compiuto la strage. Se per quel che riguarda il marchese appare subito abbastanza chiaro che quei giochi così trasgressivi rappresentavano un’espressione della sua omosessualità latente, con conseguente identificazione col corpo della moglie, Anna viene bollata subito come viziosa, probabilmente donna oggetto per convenienza e ignoranza. Nessuno, allora, pensa che forse la Fallarino era stata consapevolmente protagonista della traduzione in realtà di fantasie e desideri appartenenti al suo immaginario erotico.

E le donne, in questi anni, iniziano a parlare di desiderio e fantasie, di diritti, corpo e maternità, di lavoro e di doveri; si ritrovano in gruppi, si confrontano, e poi portano i loro sogni e le loro rivendicazioni fuori, sulle piazze, e subito sono “streghe”, ma la loro sarà l’unica rivoluzione degli anni ’70 che porterà a cambiamenti concreti, l’unica vittoriosa.

Oggi, epoca in cui assistiamo (ancora per poco) ad una involuzione del femminile, appiattito sullo sguardo maschile, sarebbe bene frequentare un po’ di più le donne “cattive” della storia, e quelle che vivono dentro di noi, meno occhioni da cerbiatta spaurita e più sguardi cecchini, meno accondiscendenze e più ‘belvate”.

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