DONNE MEDIEVALI. Sole, indomite, avventurose, di Chiara Frugoni (Il Mulino 2021)
Nel secondo racconto del Genesi il serpente tentatore si rivolge ad Eva, perché sa che della coppia è lei la più pronta a peccare e a disubbidire; quindi, già nell’atto della creazione la donna è svantaggiata rispetto all’uomo.
Nella società medievale, guerriera e violenta, in una vita spesso molto dura, la forza fisica ha un grande valore: la donna fisicamente più debole non viene tenuta in alcun conto. Papa Gregorio VII, morto nel 1085, proibì ai preti di sposarsi: la compagna del sacerdote diventa all’improvviso occasione di peccato, da fuggire e da respingere.
Si comprende bene perciò che la Chiesa abbia dispiegato una variegata misoginia: attraverso prediche, immagini, e figure quali la Maddalena, la grande peccatrice o al contrario Maria. Per il suo ruolo di madre di Cristo essa in nulla può proporsi a modello di vita reale per le donne: nasce senza peccato originale, si sposa e partorisce ma rimane vergine, è assunta in cielo con il corpo prima del Giudizio universale.
Anche la collettività laica intellettuale va di pari passo: ad esempio attraverso i trattati dei pedagoghi ci si affanna a raccomandare che le donne debbano rimanere analfabete, un modo per negare loro un posto nella società, per mantenerle sottomesse. Solo se destinate al monastero possono imparare a leggere per meglio pregare.
Donne in ombra, dunque le donne del Medioevo, a cui viene tolta la parola, ma emergono molte donne speciali e notevoli. Nel suo saggio, Frugoni ne analizza cinque, illuminate da una forte personalità: Radegonda di Poitiers, Matilde di Canossa, la papessa Giovanna, Christine de Pizan e Margherita Datini. L’incontro con un uomo per tutte e cinque non fu felice, le loro qualità, il loro talento si schiusero in una vita di donne sole.
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