DUE LIBRI A CONFRONTO: ABBANDONO – 1947 Elisabeth Åsbrink

DUE LIBRI A CONFRONTO: ABBANDONO – 1947, di Elisabeth Åsbrink (Iperborea – 2018 – agosto 2022)

Di “1947” non parlerò, è il primo libro della Åsbrink, svedese, scrittrice e giornalista, pubblicato in Italia, quattro anni fa: è possibile che qualcuno degli iscritti al club di lettura e interessato alla saggistica lo abbia avuto per le mani. Mi limiterò a darne una sintetica presentazione: in esso, procedendo da Gennaio a Dicembre, si parla di quanto di notevole si è verificato nel 1947; forse il fatto più notevole fu la redazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; parallelamente, quando la situazione lo richiede, l’autrice introduce la narrazione di fatti autobiografici, o meglio “insegue le tracce della famiglia che non ha mai potuto conoscere”: ecco il trait d’union tra il primo e il secondo di questi due volumi, una motivazione alla scrittura, fortemente legata alla ricerca della propria identità (e a questo proposito “Abbandono”, che formalmente è un romanzo, mi ricorda un’altra recente lettura, “La cartolina” di Anne Berest, che romanzo non è).

Il romanzo, oltre al titolo, ha un sottotitolo: Tre donne, tre città, una famiglia; a ciascuna di queste tre donne – Rita, Sally, Katherine – è riservato un capitolo di narrazione, in cui il passato riemerge, volente o nolente, nella memoria di una delle protagoniste: il 1 dicembre 1949 siamo a Londra, ed è Rita a ricordare; il 24 marzo 1946 la narrazione si focalizza su Sally e sulla figlia Katherine, il 29 aprile del 2019 è Katherine a rievocare, mentre cammina per le vie di Salonicco. Si faccia attenzione a quest’ultima data: è quella, nella finzione romanzesca, del compleanno di Katherine, ma nella vita reale è anche quella di Elisabeth Åsbrink. Il romanzo non è tale, se non formalmente, la materia trattata è quella, incandescente, della storia di famiglia.

E dunque il preteso romanzo ci parla del legame e del matrimonio tardivo tra Rita, londinese di famiglia immigrata dalla Germania, con Vidal Coenca, ebreo sefardita approdato anche lui in Inghilterra, alla ricerca di sicurezza e fortuna, dopo essere fuggito dalla città natale, Salonicco; la maggiore delle due figlie nate dalla lunga relazione clandestina precedente il matrimonio di Rita e Vidal, Sally, appena le è possibile abbandona l’Inghilterra e si trasferisce in Svezia, inseguita comunque anche là dal terrore di una possibile persecuzione nei confronti di chi è nato da padre ebreo; e tuttavia anche Sally sposa un ebreo ungherese, ma il matrimonio si rompe, e Sally affonda sempre più nella nevrosi e nel risentimento, crescendo la figlia nella negazione delle proprie origini e cercando disperatamente di sottrarla al padre.

E giungiamo al terzo capitolo, a Katherine ormai adulta, che nel giorno del suo compleanno va alla ricerca di sé nelle proprie radici; qui la climax che ha caratterizzato la narrazione giunge al suo culmine, e il libro, finora struggente, diventa straziante: la città in cui per cinque secoli i discendenti degli ebrei spagnoli avevano trovato rifugio, dove era nato Vidal Coenca, si rivela a Katherine come città dell’oblio, nulla resta di tante generazioni che qui sono vissute; nulla resta dei 50000 razziati dai nazisti nel 1943 e inviati per lo più ad Auschwitz, ma anche a Treblinka e forse a Sobibor, 800 soltanto ne sopravvissero. Katherine si dice che se il nonno Vidal non fosse emigrato in Inghilterra nel 1917, lei non esisterebbe.

Ma la cosa che più la colpisce è che Salonicco, dove una volta i suoi antenati rappresentavano la comunità più grande tra tutti gli abitanti, li ha rimossi. Il grande cimitero ebraio è stato distrutto, prima ancora della deportazione, e le stele sepolcrali sono state utilizzate per pavimentare vie e piazze della città; i resti dei morti qui sepolti sono stati gettati nel golfo Termaico. E Katherine si rivolge alla città: [i morti] respirano e vagano senza dimora tra le tue fondamenta, Salonicco, (…) cercano solo un luogo dove la memoria venga preservata, un buco nel terreno, un buco nel pensiero dove poter riposare, il ricordo di sé. (,,,) cercano la loro memoria perché un tempo tu eri la loro bianca regina, Salonicco, e ora cercano uno squarcio nella tua superficie dove il ricordo possa farsi strada ed emergere alla luce del sole, lo cercano ma non lo trovano”.

Recensione di Anna Ciamarrughi

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