DUE LIBRI A CONFRONTO: IL GIORNO DELLA CIVETTA – UNA STORIA SEMPLICE, di Leonardo Sciascia
Alla luce dei nuovi avvenimenti non potevo non leggere il primo e l’ultimo dei romanzi di Leonardo Sciascia.
“Il giorno della Civetta”: la parola mafia entra nella narrativa; “Una storia semplice”: non c’è più bisogno di nominarla.
Con l’inconfondibile modo di narrare che non concede ambagi e volute, Sciascia fissa lo sguardo semplice sugli avvenimenti facendo risaltare soltanto le nervature del significato e nel più piccolo sforzo i due romanzi raggiungono la massima densità.
Le storie di Sciascia, e in particolare i due romanzi presi in considerazione, appaiono, falsamente e ironicamente, storie semplici, polizieschi di facile soluzione già dalle prime pagine, se i delitti si fossero svolti in un paese democratico e sorretto da alte forme di diritto. Ma siamo in Sicilia, la bella Sicilia, dove nulla è mai semplice e dove la legge viene indirizzata, con tutto il rispetto e gli onori, da chi vuole che le cose vadano come devono andare senza se e senza ma con tanto “scruscio” di applausi da stadio. Tutti felici e contenti
“Il giorno della civetta” è un romanzo di denuncia, “Una storia semplice” è la conclusione che tale denuncia è caduta nel pozzo della verità dove nessuno, proprio nessuno, ha intenzione di calarsi.
“La verità è nel fondo del pozzo: lei guarda in un pozzo e vede il sole e la luna, ma se si butta giù non c’è ne sole né luna, c’è la verità”.
Dopo trent’anni (che coincidenza) dalla pubblicazione de “Il giorno della civetta”, “una storia semplice” sembra l’amara conclusione di tutte quelle menzogne, di tutti quei falsi trionfi e tutti i vuoti di memoria che ci lasciano a bocca aperta.
Nulla è cambiato, nulla.
Se ieri la parola “mafia” era innominabile, fantasia degli uomini d’intelletto, oggi questa si trova dovunque avendo ampliato i suoi raggi di azione perdendo il ruolo del magico inferno di lupara, di onorabilità e di rispetto benedetto dalla croce d’oro del padrino di battesimo. Oggi più che mai abbondanza di tanti “pigliainculo”.
È finito il baciamano, l’ironica intelligenza – attenzione, non che ne abbia nostalgia, ci mancherebbe altro…che schifo, ma oggi lo schifo si è ampliato a dismisura celato da un buonismo ridicolo e pietoso e l’ironia è diventata il paraculo degli incapaci. Tutto è talmente evidente da risultare complicato.
E non c’è più bisogno di nominare la parola “mafia” perché il fenomeno è così ramificato che estirparlo significherebbe picconare tutta l’Italia a partire dai vertici della piramide.
Evviva la legge evviva i murales mentre i serpenti strisciano lungo le fessure aperte. Gioite popolo.
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