DUE LIBRI A CONFRONTO: IL SOCCOMBENTE, di Thomas Bernhard – IL DEMONE DELLA PERFEZIONE, di Roberto Cotroneo
C’è un film degli anni novanta, “Un cuore in inverno”, nel quale l’attore Daniel Auteuil a un certo punto dice che la musica è un sogno. I musicisti sono chiamati a dire senza parole e a far vedere senza immagini. Con le loro note devono ricreare stati d’animo. Questa è la forza del talento, della perfezione e della disciplina.
In questi ultimi giorni mi sono concesso una esperienza da “rovescio della medaglia letterario” mettendo insieme due letture che contemplano proprio il talento musicale.
Sono partito dal romanzo di Bernhard, il cui libro è dedicato a tutte quelle persone che hanno vissuto “di striscio” il talento, magari perché “compagno di classe di”. Dietro un’apparente colpo di fortuna in realtà si cela una doppia sventura per loro.
UNO: l’eterna vita da mediocre al cospetto schiacciante e/o frustrante di una netta superiorità.
DUE: chissà quante persone se ne escono con l’affermazione “accidenti che fortuna hai avuto a essere compagno del genio di turno!”.
Lo so, il secondo punto è talmente diabolico d’aver ispirato un detto tutto suo: “oltre al danno, la beffa!”
Però, quando meno te lo aspetti, pian piano la vita ti prospetta un TERZO punto, del tutto inaspettato. È il più difficile da metabolizzare perché richiede un grande sforzo, quale? Eliminare ciò che di più in assoluto offusca qualsiasi metro di giudizio…la gelosia! Chi ci riesce entra nello stato di grazia della “ammirazione”.
E a questo punto entra in scena il saggio di Roberto Cotroneo dedicato ad Arturo Benedetti Michelangeli (ABM).
“Al Concorso di Ginevra del 1939 ABM impressionò tutti con il primo Concerto per pianoforte di Franz Liszt. Prima di lui la perfezione dell’esecuzione non era cosí importante. Si tolleravano incertezze, qualche errore, anche qualche libertà nell’interpretazione degli spartiti. Contava il temperamento dei pianisti. Ed era un tempo di pianisti di temperamento. Non solo Paderewski e Cortot, ma anche Arthur Rubinstein, ma anche Rachmaninov, e poi certo Vladimir Horowitz, e ancora Emil Gilel’s. Ma ABM non sarebbe mai stato un pianista cosí. Per lui contava il temperamento ma soprattutto la ricerca della perfezione. E chi lo aveva mai sentito prima un pianista del genere? Algido e distaccato, ma altrettanto passionale. Perfetto, cristallino, con un carattere musicale inarrivabile. Cortot quel giorno a Ginevra gli disse: «È nato un nuovo Liszt!». Ma non era abbastanza. C’era molto di piú.”
Prima parlavo di ammirazione, la lettura di questo libro fa emergere un personaggio che dedica un’intera esistenza alla perfezione, a particolari cui nessuno faceva caso.
Un tempo le sale da concerto davano un’impronta e una limpidezza di volta in volta diversa. A seconda delle stoffe delle poltrone, del modo in cui era progettato l’auditorium, di quello che veniva allestito sul palcoscenico, e dal tipo di strumento, e da quanto pubblico c’era. E dal tempo fuori: se era umido, se era un’estate secca, se soffiava vento, o se un violento temporale ammorbidiva fino a perdersi, fino alla dimenticanza, i suoni che si producevano. Questo ABM lo sapeva molto bene e aveva il dono unico di suscitare le stesse vibrazioni d’animo tra chi stava in prima fila e chi venti dietro.
Queste sono pagine che ho “ascoltato” con gli occhi, negli orecchi ho messo su la musica di questo genio, perché se dobbiamo vivere delle emozioni facciamolo come si deve!
Recensione di Antonio Trotta
E dove sta il confronto?!