DUE LIBRI A CONFRONTO: L’INVENZIONE DEGLI ITALIANI. Dove ci porta Cuore, di Marcello Fois – CUORE, di Edmondo De Amicis
Leggendo questo piccolo interessante libro trovo confermate certe definizioni di Italo Calvino.
“Un classico e’ un libro che provoca un incessante pulviscolo di discorsi critici su di se’… è classico cio’ che persiste come rumore di fondo anche quando l’attualità la fa da padrona”.
Cuore – comunque la pensiate – ha quindi tutti i requisiti di un ‘opera classica e si presta a diversi livelli di lettura.
Tempo fa è passato un post che lo proponeva e le reazioni dei lettori, cosi positive e nostalgiche, mi hanno quasi commosso.
Le ho interpretate come reazioni a questo tempo dominato da violenza, sopraffazione, superficialità che spingono a rifugiarsi nei “buoni sentimenti di una volta”. E poiché con Cuore si è venuti a contatto nella prima giovinezza è anche un modo di considerare positivamente i propri ricordi.
Un livello epidermico. Ma anche chi non l’ha letto o letto in parte avverte che quel libro fa parte di un patrimonio comune: chi non conosce Garrone, Franti, il maestro Perboni, la maestrina dalla penna rossa e cosi via?
E’ come se fossero sempre esistiti.
Eppure solo 150 anni fa, quando i Bersaglieri entrarono gloriosi per la breccia di Porta Pia non esisteva Cuore e neppure il suo coevo Pinocchio.
Non a caso ho detto ciò. Fu proprio il compimento territoriale dell’ Italia a porre il problema degli ltaliani.
Qui entra in ballo l’analisi che ne fa Fois.
Che avevano in comune, ad es. un compassato sabaudo e un picciotto siciliano?
Al di là della forma per noi obsoleta, dice Marcello Fois che il socialista De Amicis scrisse questo testo non tanto per ispirazione ma con un preciso intento pedagogico, un progetto volto a trovare valori comuni quali la solidarietà, il rispetto reciproco, il coraggio.E la Patria.
Per farlo omise che eravamo, e siamo, anche pusillanimi, menefreghisti, rissosi, forcaioli, egocentrici. (lo dice Fois, eh!).
Ne venne fuori quel ritratto di “italiani brava gente” che gli diede successo tra il pubblico, mettendo in luce un’altra caratteristica: noi italiani ci assolviamo con facilità, i cattivi sono sempre gli altri.
Anche Eco era entrato nel pulviscolo dei discorsi critici esaminando particolarmente i personaggi. Ricordate Fanti?
“E quell’infame sorrise. “
Oppure il discorso del padre di Enrico (voce narrante). – Sii sempre amico di Garrone, anche quando fra 40 anni lo incontrerai col viso sporco di carbone mentre tu sarai magari senatore del Regno. – Neanche sospettava quel padre l’esistenza dell’ascensore sociale.
Si sa, ognuno è figlio dei suoi tempi.
Ma Fois sorvola su questi particolari, ritenendo il buonismo, considerato il difetto fondamentale del libro, come il male minore
quando oggi i Franti diventano ministri, la cultura viene dileggiata, la solidarietà divide, danaro e potere sono i massimi valori.
E se l’istruzione fosse la salvezza?
Se l’empatia superasse l’odio?!
Se si parlasse di diritti ma anche di doveri?
Su tutto questo sarei d’accordo a patto che si precisasse il concetto di patria.
Tutto questo mi fa pensare al Cuore non tanto come un libro intramontabile ma – piuttosto – imprescindibile.
Di Ornella Panaro
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