DUE LIBRI A CONFRONTO
LUI È TORNATO, di Timur Vermes – M Il figlio del secolo, di Antonio Scurati
Fare i conti coi fantasmi del passato è fondamentale per ogni popolo.
La definirei quasi un’esigenza, motivabile con mille ragioni, la più evidente e urgente delle quali credo si possa condensare in un unico, generale presupposto: non riuscire a sapere “chi siamo” (e alla fine, la conoscenza della storia tende a questo) è un’idea insopportabile alla coscienza, al proprio essere e a un equilibrato proseguire del proprio esistere.
In questo senso, Italia e Germania condividono l’eredità di due pesantissimi fantasmi, storiograficamente molto assimilabili: Mussolini e Hitler.
La letteratura di ogni genere ha spaziato in lungo e in largo su queste imbarazzanti e complesse figure.
Negli anni più recenti, due strade di confronto degne di nota ci sono state presentate attraverso i modi di “approccio alla realtà” tipici del romanzo, con le pregevoli opere di Timur Vermes, “Lui è tornato” (per quanto riguarda l’esperienza dittatoriale tedesca), e di Antonio Scurati, “M – Il figlio del secolo” (sulla tragedia fascista).
Potrebbe essere interessante domandarsi quali siano le affinità e quali le differenze, fra questi due libri.
Un punto degno di nota: quanto c’è di storiografico e quanto di romanzesco, in ciascuna delle due opere?
Bisogna però subito chiarirsi sui termini: con l’aggettivo “romanzesco” non si fa riferimento a una banale “riduzione in trama” accattivante di una serie di eventi, di fantasia o storici, al fine di creare un prodotto letterario di intrattenimento, ossia un “dispositivo emozionale”, per quanto più o meno intense o raffinate possano essere le emozioni da esso suscitate e suscitabili.
Il “romanzo” è bensì una della più alte forme di indagine intorno al senso della realtà e della vita, sviluppate nell’ambito del pensiero occidentale.
Nei territori della conoscenza non raggiungibili da filosofia, sociologia, psicologia, antropologia, scienze storiche: là si propone di arrivare l’arte del romanzo.
In altre e ben più autorevoli parole, come puntualmente ci ricorda Milan Kundera: “…la sola ragione d’essere del romanzo sta nel dire ciò che solo il romanzo può dire…” (“L’arte del romanzo”, Milan Kundera, pag. 60).
Fino a che punto il racconto di Vermes e quello di Scurati si pongono in questa prospettiva?
In “Lui è tornato”, c’è sicuramente più valenza romanzesca. Facendo leva sulla forza della finzione, lo scrittore tedesco ci invita a fare un’incursione nella dimensione del possibile, nel tentativo di spiegare fenomeni umani che “sono stati”, ma potrebbero continuare ad annidarsi in maniera subdola fra i meandri più ambigui delle coscienze.
Il suo Hitler, redivivo ai giorni nostri per un capriccio dell’immaginazione su cui il lettore è invitato a sospendere l’incredulità, non poteva forse finire a fare altro che il cabarettista (come infatti capita nella trama).
Perché fra i più efficaci strumenti conoscitivi a disposizione dell’arte del romanzo, c’è proprio l’ironia, la capacità di mettere in ridicolo il reale, evidenziandone le contraddizioni, talvolta insanabili (non a caso, lo stesso Kundera individua nel “Don Chisciotte” di Cervantes, sommo e primigenio inno alla poetica dell’assurdo, uno dei capisaldi della nascita della forma romanzesca).
Il testo di Scurati invece, pur avvalendosi anch’esso degli strumenti del romanzo, lo fa in modo più sottile e velato. L’impianto documentale, il riferimento fedele alle fonti storiche, in “M – Il figlio del secolo” prevalgono.
Il libro su Mussolini tende però a farsi romanzo nelle modalità di “dipingere” il racconto. Quello che un resoconto storiografico fedele e più possibile obiettivo si limiterebbe a dire, Scurati lo integra con un tentativo (a mio avviso ben riuscito) di calare la storia nella dimensione più strettamente esistenziale (psicologica, emotiva) dei protagonisti.
Per citare ancora Milan Kundera: “…la storiografia scrive la storia della società, non quella dell’uomo…” (“L’arte del romanzo”, pag. 61). Dando per sottinteso come la storia intima dell’uomo la possa scrivere solo il “romanzo”.
Ecco, l’operazione di Scurati va nella direzione di conciliare le due esigenze. Un obiettivo sicuramente ambizioso, già pregevole nell’originalità e complessità degli intenti.
Rimescolando le carte in gioco, ci si potrebbe inoltre domandare cosa ci sia di storiografico nel romanzo su Hitler, “Lui è tornato”.
La risposta che si può dare: c’è molto.
Il meccanismo comico e paradossale su cui si gioca la storia, parte da una puntuale conoscenza (per quanto i documenti consentono) delle nevrosi, dei tic, delle manie, delle deformazioni caratteriali del contorto dittatore tedesco.
E non sarebbe potuto essere altrimenti, perché il racconto della mostruosità potenziale annidata nell’essere umano si rivelerebbe privo di sostanza, se non partisse da dati emotivi reali e soprattutto intuibili da ciascuno come effettivamente sviluppabili “in nuce” nell’esperienza del vivere.
Il discorso sarebbe ancora lungo, troppo, per venir esaurito nello spazio di un veloce articolo.
Un ultimo appunto, mi sento però di annotare per i possibili lettori: avvicinatevi a questi due romanzi storiografici (o storiografie romanzate che dir si voglia), solo se nutrite un amore sincero per la Storia.
Propensione che a me sembra impossibile non coltivare, da parte di qualsiasi tipo di lettore. Ma questa è solo una mia stretta opinione, forse fin troppo personale.
Recensione di Angelo Gil Balocchi
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