DUMA KEY, di Stephen King
Un costruttore edile di successo subisce un gravissimo incidente sul lavoro e resta menomato. La sua carriera è chiusa, la sua vita deve riorganizzarsi, il suo matrimonio è finito. Lo psichiatra che lo ha in cura gli consiglia di trovare un hobby del passato, qualcosa che gli piaceva fare anche “prima”, senza averne il tempo. Così comincia a disegnare.
Scarabocchiare, per lo più, perché questa passione non è sorretta da un grande talento. Almeno fino a quando non si trasferisce, per leccarsi le ferite, su una piccola isola delle Keys della Florida. In una casa rosa affacciata sul Golfo del Messico, costruita come una palafitta sulla spiaggia, con le onde che ritmano le giornate e le conchiglie sotto di essa che sussurrano, a volta rassicuranti, a volta minacciose.
Nella grande stanza da cui si possono ammirare splendidi tramonti sul grande blu, Edgar scopre il suo talento. Ma forse questo talento, che lo porterà ad esporre opere di cui tutti parlano in una galleria, non gli appartiene. Forse c’è una forza misteriosa, a volte amica, a volte terribile, che, guidando il braccio che non ha più, trasferisce sulla tela personaggi e avvenimenti che sono già avvenuti ma lui non può conoscere, o che puntuali si verificheranno.
E mentre Edgar fa i conti con questa sua capacità, che non sa se definire dono o maledizione, il lettore si addentra in un mistero sempre più fitto e inquietante, in un crescendo di suspense tachicardica. Perché questo sa fare bene King: dipingere un luogo idilliaco come può essere una villa sul mare dei Caraibi, un tramonto da cartolina e un uomo che sta faticosamente riprendendo il controllo della sua vita, nei colori più cupi della paura, dell’inquietudine, dell’orrore.
Recensione di Maria Teresa Petrone
Presente in Un Libro in un Tweet
DUMA KEY, di Stephen King
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