ELISABETTA: UNA FEMMINISTA SUL TRONO DI ENRICO VIII
Sappiamo tutti che Elisabetta I Tudor era figlia di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, forse, la più famosa tra le sei succedutesi, per la quale il sovrano inglese non esitò a rompere un felice matrimonio ventennale con la principessa spagnola Caterina d’Aragona e a dichiarare lo Scisma dalla Chiesa Cattolica romana, fondando la Chiesa Anglicana, ma, soprattutto, per essere stata la prima regina mandata al patibolo, per alto tradimento, proprio dal marito.
Ed è anche nota la disperazione del monarca, già prostrato, per la vana ricerca di un erede maschio, fino ad allora, non ancora arrivato. Infatti, Enrico, nonostante le numerose gravidanze di Caterina, dal primo matrimonio non aveva avuto altro che un’unica figlia vivente: Mary.
L’ironia della sorte sembrò accanirsi anche con il secondo tentativo matrimoniale: nonostante le diverse gravidanze, pure ad Ann Boleyn non restò che una sola figlia: Elizabeth, appunto.
Ma il sovrano non si fermò a queste due sole creature: alla morte di Anna (o Ann) sposò, in terze nozze, la giovane Jane Seymour, che gli diede finalmente il tanto sospirato erede maschio (legittimo): il futuro Edoardo VI.
Purtroppo, per quanto Enrico VIII fosse un grande monarca, nella vita, checché se ne dica, non fu molto fortunato, poiché la moglie più amata, la terza di cui sopra, morì poco tempo dopo aver dato alla luce il principino.
A tale proposito, Enrico, sul letto di morte, preveggentemente, pensò bene di cambiare la legge sull’ereditarietà del trono, quindi decise che se Edoardo fosse morto giovane, a succedergli avrebbero dovuto essere le due figlie femmine, Maria e quindi Elisabetta.
Puntualmente, le tetre previsioni di Enrico si avverarono e la sua prudente lungimiranza ebbe la meglio, com’è ormai storicamente noto: Edoardo si ammalò, ancora adolescente, e a 16 anni morì prima ancora di vedere il giorno dell’incoronazione effettiva. A succedergli fu la cattolica Maria, che ne combinò di tutti i colori, tanto da essere soprannominata Bloody Mary, Maria la sanguinaria, per la sua avversità alla nuova religione protestante fondata da suo padre.
Per fortuna, a 25 anni, nel 1558, l’ultima erede legittima salì al trono d’Inghilterra e rimise le cose a posto, lasciando convivere sempre serenamente cattolici e anglicani.
IL LIBRO
La biografia della Kotnik è di agile e piacevole lettura, oltre che caratterizzata da una rigorosa ricerca storica. Infatti, sono presenti approfondite notizie riguardanti l’infanzia e l’adolescenza della principessa, conditi da aneddoti perfino imbarazzanti.
Quello che però ho trovato estremamente interessante è stato apprendere della vivace e spigliata intelligenza di Elisabetta, seria e profonda studiosa di storia e di lingue morte e vive. Non a caso, i suoi precettori furono insegnanti di primordine, come John Checke per il greco e Roger Ascham per il latino e poi anche il greco.
Sin da bambina, Elisabetta aveva preso l’abitudine di tradurre preghiere inglesi in latino, francese e italiano: tutte le nozioni apprese in storia e geografia, testi biblici, mitologia e scienze era avvezza, per non perderle di memoria, a trascriverle traducendole nelle lingue vive e morte, che le venivano insegnate. Questa straordinaria, intelligente e diligente abitudine, le permise, da regina, di dialogare personalmente con gli ambasciatori di altri paesi, senza avere il minimo bisogno di intermediari. Cosa insolita, non tanto per una regina, ma soprattutto per una donna del ‘500. La coscienziosa giovanetta finì così per amare più i libri che i giochi.
In un dipinto conservato a Windsor, che la ritrae a circa 12-13 anni, la principessa ha, di fatti, tra le mani un libro, un’aria seria e dignitosa che, se non fosse per la giovane età, la si potrebbe scambiare per un’adulta solitaria e infelice, con già un grosso bagaglio di esperienza alle spalle. È, si, vestita sontuosamente, come si conveniva ad un’adolescente del suo rango, ma il viso pallido e serio non è certo quello di una ragazzina spensierata, ma istruita come un ragazzo.
Infatti, durante l’adolescenza, dopo la morte del padre, Roger Ascham scrisse della sua allieva: << la sua mente non ha alcuna debolezza femminile, la perseveranza è quella di un uomo, la sua memoria trattiene quello che rapidamente apprende. Parla il francese e l’italiano con la stessa disinvoltura con cui si esprime in inglese, conversa rapidamente e bene in latino, discretamente in greco…>> (p. 29).
Quello che però è poco noto è lo strano rapporto di Elisabetta con lord Thomas Seymur, zio del fratello re, che la porterà ad accusare disturbi, che la perseguiteranno per tutta la vita, come irritabilità, emicranie e depressioni.
Del suo rapporto di odio – amore con la sorellastra Maria, soprattutto durante il quinquennio di regno della prima, si è detto molto, ma è significativo il fatto che, alla morte di Elisabetta, molti anni dopo quella di Maria, le due regine siano state sepolte l’una di fianco all’altra nell’abbazia di Westminster, a Londra, ricongiunte nell’affetto fraterno, che le aveva unite da bambine, da ragazze e quindi anche da adulte, seppur offuscate da diverse nubi.
CONSIDERAZIONI PERSONALI
È stato veramente emozionante leggere questa biografia di Elisabetta I Tudor, che amò denominarsi Gloriana, la regina vergine o Elisabetta la grande, degna figlia della grandezza di Enrico VIII. La rossa discendente di costui sarà l’ultima fulgida stella a fiammeggiare nel firmamento dei sovrani più grandi d’Inghilterra: è risaputo, infatti, che finora, nessuno dei re inglesi ha lasciato un’immagine di sé stesso veramente memorabile, quanto quella di Enrico VIII e della sua degna erede. Né tanto meno, nessun’altra regina, nemmeno Vittoria, ha saputo lasciare un’impronta tanto profonda e favorevole di sé stessa, in Inghilterra e nel mondo, quanto questa focosa e intelligente monarca, che ha saputo ricostruire, pezzo per pezzo, il suo Paese devastato, alla morte della sorella, mettendo perfino riparo alle cose iniziate dal padre e rovinate da anni di reggenza, all’epoca del fratello, Edoardo VI.
Elisabetta ha plasmato l’Inghilterra a sua immagine e somiglianza; ha incoraggiato il timido affacciarsi dell’allora nascente borghesia e contribuito a riempire le casse dell’erario statale con la pirateria a danno, soprattutto, degli spagnoli, con un’apparente e incosciente leggerezza, da non sembrare affatto una monarca del ‘500.
Certo, anche il suo regno non fu esente da condanne a morte per tradimento e in questo non fu da meno di Maria e del loro padre; anzi, la più famosa fu inflitta proprio a sua cugina, Maria Stuarda (Mary Stuart) regina di Scozia, che complottò realmente, e più volte pure, contro di lei. Questa femminista anzitempo, dotata di scaltrezza e abilità politica, oltre che di fiuto per gli affari, doti più uniche che rare in un regnante, a differenza di Maria, non mandò mai a morte gente innocente, colpevole solo di professare una fede diversa dalla sua. Se mandò qualche cattolico dal boia, fu sempre e solo per motivi concreti: il complotto e il tradimento, che potevano minare il suo regno e la sua vita.
Per quanto riguarda la vita privata di questa grande sovrana, c’è da aggiungere che nel libro non sono stati tralasciati i particolari più piccanti sui suoi presunti amanti (come Dudley) o sui divertenti aneddoti, che ci hanno tramandato gli ambasciatori dell’epoca, o la sua destrezza politica, perché sono caratteristiche, fondamentali, della sua poliedrica personalità.
La maggior parte di coloro che si proposero di accalappiare la venticinquenne Elisabetta, per mettere le mani sul suo regno, credendola ingenua e sprovveduta – solo perché donna -, quando si trovarono di fronte a quella rossa più scaltra di un consumato politico, se in principio, restarono spiazzati e sbigottiti, alla fine si lasciarono seducentemente ammaliare dal suo ingegno superiore e raffinato, non meno dotato di buon senso.
Questo deliziosa biografia della bravissima Dara Kotnik, pubblicata nel 1984 per i tipi di Rusconi, attualmente, è di difficile reperibilità anche se, forse, nell’usato si trova ancora, per cui, a chi è interessato a leggerla, consiglio di rivolgersi in biblioteca.
Buona lettura!
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