EUGENIO ONEGIN, di Aleksandr Sergeevič Puškin
Una gemma che mi ero persa ai tempi della scuola, scartandola probabilmente perché, essendo un romanzo scritto in versi, mi aspettavo una lettura un po’ ingessata.
Mi sbagliavo di grosso: le pagine -circa 200- scorrono fin troppo rapidamente, venate da un’ironia a volte sottile a volte sferzante, che non risparmia nessuno nella società russa del tempo, nemmeno il protagonista.
Eugenio Onegin è un giovane dandy già annoiato dalla vita (agiata, naturalmente) che tratta con paternalismo sia l’ancor più giovane amico, il focoso poeta Lensky, che Tatiana, una ragazza ingenuamente romantica che gli confessa il suo amore.
Una infantile ripicca, l’orgoglio e le convenzioni sociali, vituperate ma comunque seguite, porteranno ad un’inevitabile sfida a duello che cambierà il registro della storia.
In quello che sembra un beffardo scherzo del destino, proprio in un duello Pushkin perderà la vita nel 1837, qualche anno dopo aver scritto il libro.
Recensione di Paola Zanella
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