FIORI MAI NATI, di Giankarim De Caro (Navarra)
Ci sono zone a Palermo, periferiche o veri e propri rioni, in cui l’esistenza non si è mai evoluta. Basterebbe fotograre questi luoghi dimenticati dalle istituzioni e da dio e togliere il colore: nessuno saprebbe identificare l’anno in quel bianco e nero.
Sono realtà a sè stanti, circoscritte nella loro atavica mentalità, usanze legittimate dalle consuetudini, prive di vero calore, foggiati da una forte e primitiva passionalità.
I sentimenti sono teatrino popolare dove vige uno strano e insensato onore, dove i figli nascono marchiati dalla colpa dei padri e da madri megere. Sono mondi incomprensibili, impossibile entrarci.
Miseria e nobiltà si mescolano nell’ignoranza, nella pantomima drammatica di un’esistenza segnata dall’aridità e dal denaro guadagnato con l’arroganza e prepotenza tra gli applausi e il rispetto del vicinato. Una guerra fra poveri e miserabili che si contengono un trono in cui la base è formata da tanta merda.
È un microcosmo in cui regna uno sgradevole odore di detersivo, aglio e cipolla, muffa, profumo dozzinale, un tanfo greve di degrado morale e sociale che si poggia su regole non scritte. W. L’ignoranza!
I figli sono “pezzi e core” ma gettati in strada o lasciati in varie Comunità – fonti legalizzate di sfruttamento- da madri deformate dalle gravidanze, dal cibo spazzatura, da un marito assente o malato da vizi. Figure rozze, scure e sdentate, ma con l’anello di pietra preziosa al mignolo o con tanto di crocifisso al collo regalo di battesimo del padrino!
Vite in cui la loro esistenza gira e rigira in quel rione, dalle case vecchie e diroccate ma pulite a getti di “cati” d’acqua e stricate con la forza di gomito in cui sventola una biancheria dal forte odore di candeggina tra balconi traballanti. Lenzuole e mutande baciati dal sole e da puzzo dell’immondizia giacente lungo le strade e i marciapiede dissestati. Popolino ignorante e presuntuoso che oltre quei recinti è niente immischiato con il niente.
Rancori, invidie, risentimenti, colpi di coda, angherie, pacche sulle spalle. Commari e picciotti tutti legati da un insano parentado dove il rispetto e la parola data vale più di ogni altra cosa fino a una impensabile prova contraria, basta poco per rivoltare la frittata.
È questa la realtà descritta nel libro di De Caro. Una realtà ancora esistente. Purtroppo.
“Fiori mai nati” è un libro brutto perché è “la storia della famiglia Calamone, gente miserabile, arrogante e cattiva”. Ritratti di gente incapace di sbarazzarsi di un orgoglio deformante, incapace di sbocciare, di liberarsi da un “curtigghio” da sala d’attesa.
Sono semi piantati in una terra tanto bella quanto arida. Difficile sbocciare, fiorire ed espandersi. È una terra abituata ad accogliere ma a stritolarsi con le sue stesse mani.
Una terra in cui il carnefice piange la sua vittima con eccessivo, pomposo rispetto. Perché provare a cambiare le carte in tavola? L’arte di arrangiarsi fa comodo a chi ha il culo seduto sulle poltrone. Qual è il problema? Tanto “Futti, futti ca Diu pirduna a tutti!”
“Fiori mai nati è la storia della famiglia Calamone, “gente miserabile, arrogante, cattiva”, come recita l’esergo del romanzo. Barone e baronessa – titoli a metà tra il legittimo e l’ingiurioso – hanno messo alla luce una prole numerosa, e maledetta già prima della nascita: Totò, Ciccio, Piero, Peppino, Vito, Maria e Angela crescono a fatica, arrancando, in una Palermo buissima e sfinita dalle bombe americane. I Calamone sono feroci prima di tutto con se stessi, per loro vivere significa prendersi tutto quello che pensano di meritare a discapito di chiunque, senza mai chiedersi cosa sia giusto o sbagliato.
Vittime e carnefici consapevoli, sono i protagonisti di un romanzo corale, volutamente crudo. La storia comincia con una partita a carte, dove la vittoria e la perdita sono facce della stessa medaglia, e dove ciò che conta sono il gioco e il meccanismo che lo regola. Con un linguaggio asciutto, l’autore non risparmia nessuno, né tanto meno cede alla tentazione di descrivere Palermo e i suoi quartieri secondo tratti abituali: la lettura accompagna dentro un mondo duro e difficile, scevro da giudizi e moralismi”
Recensione di Patrizia Zara
FIORI MAI NATI Giankarim De Caro
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