FIORI NEL FANGO, di Hillary Jordan
Un libro che ti catapulta nella storia facendoti entrare dalla porta principale ha già svolto egregiamente metà del suo compito.
Mississippi, profondo sud degli Stati Uniti, con il suo fardello di miseria, di civiltà patriarcale e soprattutto razzista. Un razzismo profondamente radicato nella cultura sudista, un elemento antropologico (nel Mississippi, il XIII emendamento alla Costituzione federale, quello che abolisce la schiavitù, è stato ratificato soltanto nel 1995, in pratica l’altro ieri).
Diverse le tematiche affrontate e tutte molto forti: il razzismo appunto ma anche l’adulterio, il dramma dei reduci di guerra, la miserevole condizione femminile.
E’ un libro duro, a tratti feroce. Non c’è spazio per il perdono, per la pietà. L’odio, il disprezzo, la sete di vendetta pervadono tutto il testo, striscianti perfino nei personaggi più tolleranti, più aperti:
“Il volto del vecchio era impassibile, e i suoi occhi vuoti non lasciavano trapelare nulla di quello che aveva provato nei suoi ultimi momenti. Sperai che avesse visto arrivare Florence e che avesse avuto paura; che l’avesse implorata e avesse lottato, e avesse provato l’agonia dell’impotenza che doveva aver sentito Ronsel. Sperai che lei avesse provato un po’ di piacere nell’ammazzarlo, e che avesse trovato una triste pace, ora che aveva vendicato suo figlio”.
La struttura a sei voci è gradevole e funzionale al racconto, ne facilita la comprensione. Lo stile secco e senza orpelli linguistici rende scorrevole la lettura e tangibili le drammatiche tematiche affrontate.
Trovo solo un peccato lieve il susseguirsi frenetico degli eventi che lascia poco spazio all’approfondimento psicologico dei personaggi.
Bel libro, a breve guarderò anche il film che ne è stato tratto, Mudbound
Recensione di Nazzaro Pelusi
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