FOTO DI GRUPPO CON CHITARRISTA, di Mauro Pagani
Che cos’è questo libro? Cosa racconta? Di che parla?
In un’intervista Mauro Pagani parla di più livelli di lettura; almeno tre: la musica, la politica, la droga. Ma anche gli anni della gioventù, dei sogni, dei viaggi, on the road, di una vita che non vuole inserirsi nei rigidi schemi di una vita adagiata, borghese, fatta di lavoro, famiglia e tempo libero in funzione dello stipendio.
E per questo le splendide donne che amano il protagonista vivono in mondi lontani e remoti e non sarà possibile entrare nella loro sfera, ma resta comunque vivo il sentimento che anima Sonny, che lo rende vero e che lo fa uscire dalle pagine del libro. Sonny io lo conosco, meglio lo conoscevo.
Poi ci siamo persi divista. Era compagni di scuola, compagno di bevute, compagno di comizi, compagno di strada, compagno di sogni. Sonny eravamo noi da giovani. Sonny, come i nostri sogni è vivo ed è morto allo stesso tempo, con la fine della rivoluzione, con la morte di Stratos e il suo funerale.
Quando nelle ultime pagine del romanzo Sonny rivede un ex compagno di lotta, Marchino, riparlano di quegli anni, di come dopo la strage di Piazza Fontana, e la morte di Giangiacomo Feltrinelli niente fosse più uguale. Ma lui gli dice che alla fine sarebbe stato molto peggio se avessero vinto. Perché non erano pronti: «per gestire un mutamento così forte ci voleva coraggio, intelligenza, capacità di mediare e soprattutto, se vogliamo usare qualche parola fuori moda, generosità morale e intellettuale. La gente era pronta, quella sì, milioni di ragazzi disposti a cambiare qualità di vita, obiettivi, comportamenti, pronti a capovolgere davvero e per sempre il proprio destino e quello di questo Paese.
Quelli che si sono autocandidati a guidarli no. I più presuntuosi, spesso i più ottusi, quelli che la certezza di avere la verità in tasca ha reso prepotenti al punto giusto, si sono fatti largo a gomitate e hanno trasformato tutto in quella specie di delirio ideologico senza senso e senza speranza che ci siamo portati addosso come un cilicio fino alla fine.» (p. 354) Constatiamo, purtroppo, che con gli anni la situazione politica del Paese è peggiorata, la musica ha perso i contenuti, i giovani continuano a morire di droga o schiantandosi per strada. «Disastro? Meglio. Così, magari prima o poi ci sarà concesso di riprovarci, possibilmente cecando di combinare meno cazzate.» (p. 354). E come Mauro Pagani ci auguriamo, noi della vecchia guardia sopravvissuti a vizi, incidenti e malattie, ormai vecchi nonni simpatici e burloni, che realmente possa accadere, che qualcuno ci riprovi a fare la rivoluzione, in maniera più seria.
“Foto di gruppo con chitarrista”, è un romanzo scritto da un musicista. Un capolavoro. Commuove. Dice Pagani: «Ci ho lavorato tanto, eh. Ci ho lavorato quasi tre anni. Prima ero conscio dei miei limiti, presuntuosamente pensavo di poter mettere un piede nella letteratura. Perché sono parecchi anni che leggo molto meno. La vita mi ha travolto, non ho mai tempo per fare niente: non ho tempo per la musica, non ho tempo per la mia famiglia, non ho tempo per studiare il violino. Sono nel cestello della lavatrice! Da ragazzo ho letto tantissimo. Poi, come racconto nel libro ho frequentato case di traduttori, gente che aveva sempre a che fare con la letteratura. Mi sono abituato un po’ a questo ambiente…» E i libri letti da Mauro Pagani sono i libri che ancora prendono la polvere sugli scaffali di casa mia, o che Sonny insieme a Marchino scopre nel borsone di Sandro: «Sapegno, Thomas Mann, e Musil, e Trotsky, Gli elisir del diavolo e Gente di Dublino. Faulkner e Marcuse, Il lupo della steppa e Le città invisibili, Kerouac, London, Miller e Rimbaud, Svevo e Stendhal, […] Per chi suona la campana, Jukebox all’idrogeno». (p.357)
Dice ancora Mauro Pagani: «Sonny è quello che avrei potuto essere.» Rappresenta una sorta di suo alter ego. I sogni di una stagione sfiorata dall’utopia. «Sonny è rigoroso, non molla, testone ma con metodo. Dei due la zoccola sono io.» Perché protagonista zoccola del libro è proprio lui, Mauro Pagani, amico di Sonny, che fa carriera. Mauro che ripercorre fasti e nefasti con la Pfm, da sfigato a rockstar planetaria. In realtà, va detto, i veri protagonisti del libro sono – erano – i sogni: «Noi abbiamo rincorso questa stagione meravigliosa, sfiorata dall’utopia che in fondo è il più bel motore del mondo. Sei sulla strada di un limite che “tende a …”. Non ci arriverai mai, ma la strada che tende a questo limite irraggiungibile è molto più lungo e molto più importante che della strada non fatta senza avere un limite e senza avere un motore.»
A metà fra romanzo e autobiografia, Pagani ci accompagna in un viaggio in quegli anni, realtà e fantasia si mescolano, ma il lettore si sente dentro la storia, che si intreccia indissolubilmente alla storia del nostro paese dal ’69 al ’79, anno del concerto del Parco Lambro in memoria di Demetrio Stratos, che segna la chiusura di quella stagione musicale incredibile per il nostro paese.
C’è la Premiata Forneria Marconi, ci sono gli Area, con Demetrio Stratos altra figura ricorrente nel libro assieme a Pagani nel ruolo di amici di Sonny. Sonny rimane il musicista per eccellenza, con il suo bagaglio di vita fatto di sfortuna, successo, rinuncia ma anche di sogni, come quello della chitarra Fender Stratocaster Fiesta Red che Sonny insegue per gran parte del libro: tutti abbiamo sognato uno strumento che rappresenti la musica stessa, tutti abbiamo vissuto in prima persona situazioni e emozioni simili. E per chi ha smesso di fumare, come me, quasi quasi viene pure la nostalgia di una vecchia “paglia”, e la voglia di fumarsi una Astor il cui pacchetto nel ‘69 costava “due e cinquanta”.
Fumo, alcol, gioco d’azzardo, navi da crociera, Milano, Londra, Miami, La Avana e tanto altro ancora: non vi rivelerò altro e vi auguro buona lettura.
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