
FRANKENSTEIN A Baghdad, di Ahmad Saadawi (E/O)

Vincitore del Prize for Arabic Fiction 2004, questo romanzo è ambientato nella Baghdad degli anni immediatamente successivi alla caduta di Saddam Hussein.
In un Iraq completamente allo sbando, sotto stretta e tenace occupazione americana, in un tempo cittadino scandito da attentati quotidiani che mietono vittime come se si fosse ancora in pieno conflitto, uno strano personaggio si aggira nei vicoli pronto ad assassinare coloro che ritiene “ nemici”.
Di lui si raccontano strane storie perché si dice sia stato creato componendo pezzi di cadaveri trovati sui luoghi delle esplosioni kamikaze.
“E io sono la risposta all’appello dei miserabili. Sono un redentore, in qualche modo atteso e agognato e auspicato. [..] Le invocazioni delle vittime e delle loro famiglie unendosi con il loro tumultuoso impeto hanno dato una spinta a quei segreti ingranaggi[..]. Io sono la risposta all’appello delle vittime per eliminare l’ingiustizia e punire i malvagi”.
Ahmed Saadawi costruisce un romanzo che oscilla continuamente tra realtà e fantasia, tra reportage di guerra e racconto fantastico.
Alterna con rara maestria pagine dense di racconti improbabili a lunghe descrizioni dettagliate della vita quotidiana in una città che è scivolata dal conflitto armato alla guerra civile interna.
Con coraggio ed una buona dose di scaltrezza, ci restituisce le emozioni e i pensieri di un popolo schiacciato prima da un dittatore folle e poi da un esercito di occupazione che pare avere la mano pesante.
Come spesso accade per gli scrittori che vivono e lavorano in paesi politicamente difficili, Saadawi utilizza il registro del fantastico per portare alla luce temi universali quali la libertà, l’etica, la possibilità di restare umani quando tutto intorno a te diventa maceria, il senso di giustizia e la comprensibile spinta alla vendetta.
E così la creatura composta da pezzi di vittime innocenti e assassini diviene emblema perfetto del dualismo che appartiene a tutti gli uomini e che, a maggior ragione, in tempi orribili come quelli delle guerre, assurge a rappresentazione delle umane miserie.
Recensione di Annachiara Falchetti
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